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HEIMAT - Hermannchen (1955-56)

Stavolta la konfokazionen akustiken aveva la voce di Barbara invece che quella di Antonio -ma a me non e' riuscito di sentire l'MP3. Variante apprezzata, lo spostamento dell'orario alle 21 per ridurre lo stress di chi come Chiara e io arriva dalla citta' col trenino, in una fascia oraria in cui i passaggi sono ridotti a uno ogni mezz'ora. Nonostante l'accorgimento, arriviamo di nuovo trafelati: Chiara e' rimasta prigioniera in ufficio dall'ennesimo documento da rivedere all'ultimo possibile momento, e io sono rimasto tre quarti d'ora ad attenderla alla stazione Termini della Metro A. Tre quarti d'ora durante i quali ho visto passare preti, orde di cadetti, gobbi, una ragazza impegnata a nella difficile impresa di gestire il passo di due stivali troppo alti. I piedi che apparivano dalle scale e non erano mai quelli di Chiara. Le scale mobili che a intervalli piu' o meno regolari vomitavano sulla piattaforma decine di persone che tornavano a casa. Il cambio del turno fra due mendicanti -una donna con bambino lascia il posto a un uomo grasso, che pero' e' arrivato troppo in anticipo e aspetta cinque minuti in un angolino. Alle otto meno cinque precise lei lo saluta e gli cede il posto alla base delle scale e se ne va con una collega senza pupo.

Siamo alla nona settimana di viaggio, ed e' arrivata finalmente la puntatona da 138 minuti, quella che rende giustizia alla fama di HEIMAT come ostacolo insormontabile per il cinefilo di buona volonta', quella al termine della quale si tira il fiato e ci si guarda alle spalle con la soddisfazione del sopravvissuto. Cena a base di pizza, innaffiata a posteriori dal Sangiovese di Januaria che torna dopo esser mancata la settimana scorsa. Per il resto, siamo l'ormai consueto zoccolo duro: i nostri gentili ospiti umani e canini, Francesco e noi due. La proiezione viene interrotta una sola volta, e durante la pausa Januaria armeggia col telecomando scoprendo che in finlandese "Menu' principale" si dice "paavalikko". L'assonanza col nome di Barbara e Antonio e' certo non priva di significato, ma il suo senso sfugge alla limitata capacita' del cronista.

In questi giorni, fra l'altro caratterizzati dalla visita a Roma di John Landis per la promozione del nuovissimo DVD del "Lupo mannaro", si comincia anche a parlare piu' concretamente di HEIMAT 2 (Der Zweite Heimat), e di come fare per proseguire l'espeienza sfruttando le cassette di Nico. E' uscendo con quest'ultimo dal cinema dove abbiamo appena visto (in francese) "Amelie" che mi rendo conto di avere probabilmente bucato nel 1985 l'occasione di vedere HEIMAT su grande schermo, a Venezia. Devo ricordarmi di verificare sul catalogo, frugando nella mia libreria, se ci fossero elementi interessanti da consultare -interviste o roba del genere.

"In cento anni, Schabbach non e' cambiata come negli ultimi dieci", ci dice Glasich nella parata di foto iniziale, che ancora una volta colma un salto temporale di quasi due lustri e ci trasporta in una fase di pieno boom economico. La fabbrica di obiettivi sognata da Anton durante il suo lungo ritorno dalla guerra (particolare curioso: le foto in cui lo si vede nelle varie fasi dei cinquemila chilometri percorsi a piedi, davanti a edifici turchi, greci e chissa' quali altri, fanno pensare alle surreali polaroid inviate a casa dal nano di "Il favoloso mondo di Amelie") e' ora una realta' che da' lavoro a trenta persone. Una realta' resa possibile dai ventisette brevetti di Anton, dall'aria tersa della zona di Schabbach -ideale per realizzare lenti che non devono conoscere la polvere- ma anche dal sostegno ben piu' concreto dei dollari di babbo Paul, anche se Anton preferisce non parlarne.

Anche Ernst sembra aver trovato nel boom una via verso la soddisfazione personale. Il giovane Hermann e due suoi amichetti, durante un iniziatico giro in bicicletta con zaini e tenda da campo, lo incontrano felice del recente acquisto di un elicottero col quale trasporta uno a uno i tronchi tagliati dai boscaioli che lavorano per suo suocero (il padre della bionda che abbiamo visto la volta scorsa). Noi spettatori inarchiamo un sopracciglio incuriosito: possibile che portare un tronco alla volta sia una soluzione economicamente sostenibile? Ernst sembra pensarla cosi' mentre snocciola a Hermann pensieri come "La guerra e' la madre di tutte le cose" e "Il trasporto e' tutto". Sara' benissimo, ma nella puntata scorsa avevamo visto che l'ex ragazzo sembra quasi aver nostalgia della rassicurante schematicita' della realta' in tempo di guerra. Vuole volare, come voleva volare il mio amico Michele, e qualsiasi sua scelta viene subordinata a questa passione.

Alla fine e' l'elicottero che gli permette di sopportare un matrimonio che si e' rivelato sbagliatissimo e fonte di tensioni continue -Hermann e i suoi amichetti devono constatare l'imbarazzo di Ernst quando il suocero gli impedisce di autorizzare i ragazzi a dormire nel lussuoso castello dove vive la famiglia. I giovani si consolano con la chitarra, cantando sotto le stelle e dando il tono a una puntata di cui la musica sara' uno degli elementi piu' ricorrenti.

A 18 minuti dall'inizio della puntata, Chiara dice che stasera si sente forte e che conta di reggere a lungo. Sara' con noi fino a quando il timer segnera' 1 ora e 22, poi soccombera' al sonno della settimana.

Dedicata quasi monograficamente a Hermann che comincia a scoprire i primi turbamenti sentimentali, la puntata ci mostra una sorta di convention che Anton inscena "ad pompam vel ostentationem": spettacoli agghiaccianti, col buon Pieritz che -messi da parte i sogni della puntata scorsa- funge da presentatore flebilmente faceto. Distribuzione di gadget, canzoni interpretate da Lottie (la bambina malata di difterite salvata tanto tempo fa da Maria con bucce di patata) e da Klara (la moretta arrivata a Schabbach per aspettare Ernst, che intanto si era trovato la bionda nuova e aveva dimenticato lei), Anton che fa la ruota come un pavone arrogante e si propone come esempio per i giovani del paese, come la dimostrazione vivente che volere e' potere: e in realta' dimostra in modo molto piu' convincente quanto sia difficile ammettere di dovere la propria fortuna a qualcun altro -in questo caso ai soldi di papa'.

Intanto Hermann, spinto da Marie che ha riposto in lui tutte le speranze di vedere qualcosa di buono nascere dal suo amore infelice per Otto, studia, studia, studia, mettendosi la sveglia alle 5. Ma nella stanza accanto dormono Klara (Klarchen) e Lottie, e il richiamo dei sensi e' irresistibile. Anche se fin qui la puntata e' stata tutta a colori, Hermann perde la verginita' in BN, sotto le lenzuola fra le due ragazze, in un silenzio carico di emozione. Quando Maria (molto invecchiata, e che ora assomiglia in modo inquietante alla vecchia Katharina) va a svegliarlo, il ragazzo e' gia' spossato. Ma e' solo l'inizio, e la storia con Klara continua, spirituale prima con la dedica a lei della traduzione di una poesia di Verlaine, carnalissima da un certo momento in poi (ma all'insaputa di tutti fuorche' di Lottie, per via degli undici anni di differenza fra la ragazza e il minorenne Hermann).

Fra le altre tappe dell'adolescenza, il ragazzo non manca quella dello pseudofilosofare: invece di fare ginnastica, Hermann e i suoi amici teorizzano su tutto, abusano di termini come "esistenzialismo", giocano alla desemantizzazione delle parole ripetute e ripetute. Reitz e' bravo a presentarci tutto questo non come il gioco fine a se stesso di un gruppo di ragazzini che vuole essere diverso dall'uomo massa, ma a farcene partecipi come se anche noi scoprissimo ora la lapalissiana verita' del Calvero di Charlie Chaplin, che il cervello e' il giocattolo con cui e' piu' bello saper giocare.

Il suo cervello, Hermann, lo applica intanto ad attivita' sempre meglio definite: le sue passioni sono la musica e la scrittura, e fra i primi concertini jazz, che creano un certo scandalo presso una zia dall'orecchio poco elastico, nasce una struggente canzone per Klara, che la canta al suono della chitarra del suo giovane amante. L'amore fra i due si evolve in un gioioso segreto, fra lunghe passeggiate nei campi e visite avventurose in caverne abbandonate -una specie di miniera dove i due trovano come fosse un tesoro una piccola bodda. Hermann scrive di quella escursione "perche' resti immortale" e affronta i suoi turbamenti esistenziali e non. Figlio di Otto, ha solo meta' del sangue dei Simon e si sente come "un cuculo che si infila nei nidi degli altri". Preoccupazioni profetiche, perche' il destino sta preparando cattive notizie.

Il sogno del boom si infrange presto per Ernst. Dopo tutto, l'idea dell'elicottero non e' stata brillante come pensava lui, e ora i debiti incalzano e il matrimonio e' in crisi irreversibile. Ormai indurito dal lavoro e dalla sua arroganza, ma anche animato da un certo concreto buon senso, Anton rifiuta di aiutare finanziariamente il fratello nei guai, accusandolo di non aver saputo cogliere le occasioni che il paese sta offrendo a tutti gli uomini in gamba: "La guerra", gli dice, "e' stato un affare fallimentare", altro che madre di tutte le cose. La banca incombe e Ernst torna a casa da Marie e da tutto cio' che resta della famiglia.

Le cose stanno cambiando sul serio, e non per il meglio. Ormai piegati nello spirito oltre che nel corpo, Glasich, Pieritz e Eduard (che ricompare dopo tanto tempo... e Lucie che fine ha fatto?) riflettono su come il tempo passi veloce. Siamo noi che facciamo la vita o e' la vita che ci disfa?

Ed ecco la tragedia: nonostante le sue attenzioni, Klara si scopre incinta di Hermann. Per cercare di reprimere il possibile scandalo, la ragazza abortisce e decide di andarsene. Anton l'ha licenziata, dice a Hermann, ma una volta che Klara si e' allontanata lui scopre che e' stata lei a decidere di licenziarsi. Per un poco, l'amore prosegue in via epistolare, poi una lettera destinata a Hermann capita fatalmente nelle mani di Marie. Quello che la lettera dice, noi lo sentiamo dalla voce di klara in una stanza vuota: difficile immaginare un uso piu' straziante della voce fuori campo. E poi il sonoro: quando il ragazzo torna da scuola, si sentono le mosche che ronzano nell'aria immobile, e il volto di Maria promette tempesta. Spalleggiata da un Anton trasformato in una furia, la donna e' distrutta da quello che ritiene un tradimento e chiede vendetta nei confronti della fedifraga che le ha sedotto il figlio. Ernst, ormai l'altro reprobo della famiglia, e' l'unico a rendersi conto dei tormenti del ragazzo si offre di fargli da portalettere confidenziale, ma e' chiaro che non e' una soluzione.

Hermann fugge e raggiunge Klara nel paese dove lavora come bambinaia, per passare insieme il capodanno: ma dopo una notte di romantica disperazione lei gli comunica che la vendetta dei Simon l'ha raggiunta. Licenziata dalla famiglia dove lavorava, deve andarsene per sempre e non vederlo mai piu'. E' la frattura definitiva fra Hermann e la sua famiglia: alla fine della puntata lo ritroveremo a sfogare la sua rabbia sulla tastiera dell'organo della chiesa, e una didascalia che Januaria per fortuna ci traduce ci informa che -non appena compiuti i 18 anni- il ragazzo se ne andra' da Schabbach per andare a studiare musica. Che diventera' un musicista famoso e che non tornera' mai piu'. Dobbiamo tenere a mente questo momento, da cui partira' "Der zweite Heimat".

La puntata si chiude davanti allo sbigottimento di vedere trasformarsi in mostri molti dei personaggi di cui ci eravamo innamorati. E pero', come spesso accade quando ci delude qualcuno che credevamo un amico, dobbiamo ammettere che i germi della trasformazione c'erano tutti. Marie, che ha perso due amori, dovrebbe sapere bene quanto male sta facendo a Hermann: ma non era stata proprio lei ad allontanare Otto, a rifiutare di ricostruirsi una vita nuova? E Anton, il sognatore, e' probabilmente roso dal tarlo di sapere nel profondo che la sua fortuna si deve al padre lontano, e che i suoi meriti di inventore saranno sempre oscurati dall'invidia di chi non ha un parente ricco. Per giunta, anche la sua fabbrica incontra un guaio gravissimo, quello della polvere sollevata da alcuni trattori proprio li' vicino. Colpa di Wiegand e Wilfried, riciclatisi nei democristiani del CDU e ora dediti a infernali esperimenti con pesticidi ed erbicidi di nuova concezione.

Arriviamo alla fine tristi, delusi, scossi. Tutto e' appena cambiato, e gia' pensiamo quanto si stava meglio quando si stava peggio. Torniamo a casa con ancora negli occhi l'immagine struggente che simboleggia la morte di questo primo amore, la lettera di Klara, fatta a pezzi da Hermann perche' non ne restino tracce compromettenti, che vola via dal finestrino del treno come in una folata di fiocchi di neve.

138' (9-continua)

1/11 Nostalgia di terre lontane (1919-28) - 119'
2/11 Il centro del mondo (1929-33) - 89'
3/11 Natale come mai fino allora (1935) - 57'
4/11 Via delle alture del Reich (1938) - 58'
5/11 Scappato via e ritornato (1938-39) - 57'
6/11 Fronte interno (1943) - 57'
7/11 L'amore dei soldati (1944) - 58'
8/11 L'americano (1945-47) - 103'
9/11 Hermannchen (1955-56) - 138'
10/11 Gli anni ruggenti (1967-69) - 82'
11/11 La festa dei vivi e dei morti (1982) - 82'

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Tutti i testi © Alberto Farina