Chissa' se qualcuno ha mai teorizzato l'effetto pavloviano delle
musiche che accompagnano la sigla delle serie televisive o i titoli dei
film che appartengono a una di quelle "saghe" (come le chiamano i
collezionisti) o "franchises" (come le chiamano i produttori) modellate
su James Bond e definitivamente universalizzate da "Guerre Stellari"? A
sette settimane dall'inizio del nostro viaggio nell'Umsluch, la musica
che compare sull'imponente pietrone che apre ogni episodio di HEIMAT e'
diventata un vero viatico acustico che immediatamente crea l'atmosfera.
La cosa e' vera soprattutto per Fidel, che ormai reagisce
istantaneamente allo stimolo sonoro accucciandosi col musetto
sprofondato nel bracciolo del divano su cui gli viene sistemata la
copertina rossa: ma anche per noi la musica e' parte fondamentale del
transfert ipnotico che ci riporta all'istante nel mondo in cui siamo
temporaneamente usciti la settimana prima per quisquilie come la vita
reale. Succedeva con "Twin Peaks" tanti anni fa, succede probabilmente
con tutte le serie televisive o paratelevisive che non si fondano sulla
ripetizione dei pochi schemi base della sitcom o della soap ma che si
evolvono nel modo irregolare e aritmico della vita stessa.
Questa settimana la musica di Nikos Mamangakis e' entrata nella nostra
realta' a tradimento con la ormai tradizionale KONFOKAZIONEN di Antonio,
giunta questa volta nientemeno che sotto forma di allegato sonoro: una
voce da sturmtruppen che ha come sfondo proprio il TAN-TAN-TAN che ormai
conosciamo bene. Con questo tono si vorrebbe essere puntualissimi
all'appuntamento delle "fenti und trenten", ma non abbiamo fatto i conti
con la Ernest&Young: all'ora prevista Chiara e io stiamo a malapena
riuscendo a partire da Coming Soon e scoccano le dieci prima che si
riesca a raggiungere fuori dal raccordo il resto della compagnia
-Antonio, Barbara e Fidel, Francesco e per la prima volta su questi
schermi Januaria, che ha scelto Reitz per festeggiare il suo compleanno.
Cena di pesto, brindisi con Sacher Torte e Brut, ed eccoci di nuovo
davanti allo schermo.
Checche' ne dica il titolo, "L'amore dei soldati" dal 1944 deborda sul
'45. L'inizio, pero', e' ancora in piena guerra: Reitz ci accompagna al
fronte dove Anton si divide fra le sue mansioni di proiezionista e di
assistente operatore di cinegiornali. In una serie di scene curiosamente
metacinematografiche, l'ufficiale responsabile delle riprese snocciola
le sue teorie sull'importanza di raccontare la guerra attraverso il
cinema, citando frasi di Goebbels -che di cinema se ne intendeva- e
imbestialendosi se un operatore torna soddisfatto perche' una pallottola
a lui destinata e' stata fortunosamente intercettata dal caricatore
della pellicola, distruggendo centoventi metri di prezioso girato. Il
tipo racconta soddisfatto l'immensa mole di materiale cinematografico
che la guerra sta producendo, e pondera le inquadrature migliori manco
fosse Kubrick mentre decide come riprendere l'esecuzione a sangue freddo
di un gruppetto di prigionieri disgraziati fucilati alla schiena in
mezzo al bosco. Anton, che durante la sparatoria sta cercando di
sbloccare un teleobiettivo che da' dei problemi, cerca di non vedere
quello che sta succedendo, ma gli tremano le mani e Reitz non ci
risparmia il significativo dettaglio delle vitine che gli cadono sul
tavolo di lavoro. La realta' come strumento per la produzione di arte,
perche' "la vera arte cinematografica di oggi e' il documentario" -solo
che il documentario la realta' dovrebbe ricatturarla, non costruirla a
beneficio dell'obiettivo (oppure no? pensiamo a Flaherty che costringeva
gli uomini di Aran a una caccia allo squalo che avevano abbandonato da
tempo...) Il problema e' che qui la gente muore davvero, ma l'ufficiale
cinematografico trova che sia un problema secondario: l'arte prima di
tutto, e chissa' che questo non spieghi in parte come in guerra si
riesca sempre a trovare un modo per giustificare alla propria anima o al
proprio intelletto le cose piu' orrende.
Ma questa e' una puntata dedicata all'amore -una curiosa coincidenza
visto che proprio all'amore era dedicata la puntata di oggi di
"Shortvillage Magazine". Si torna dunque a Schabbach nella quale torna,
dopo tanto tempo, il caro Otto. "Puo' darsi che ripartiamo subito", dice
al collega Pieritz (che lo ha seguito fedelmente dai giorni felici della
costruzione dell'autostrada -e dell'amore di Marie- fino a questi tempi
terribili in cui il nostro si occupa di disinnescare bombe inesplose
temendo e sperando che prima o poi una lo liberi dalle sue
irrequietudini, da questo suo "andare in giro senza un segno, senza un
presentimento". Ma di ripartire subito non si riparlera': la vecchia
Katherina chiama Marie, i due si guardano negli occhi e nel cuore, Otto
conosce finalmente suo figlio Hermann e si ferma per la notte. E'
l'inizio di qualche ora di quasi-serenita', impregnate del rimpianto di
cio' che non e' stato. "Ognuno ha avuto un motivo diverso per
andarsene", commenta Marie, che ha visto partire suo marito Paul, i suoi
due figli partiti sotto le armi, e Otto stesso -che pero', scopriamo, e'
stata lei a mandare via, forse solo per fare a qualcuno quello che Paul
aveva fatto a lei.
Otto e Marie in camera da letto, in pigiama, illuminati da una luna che
deve proprio essere la stessa che in quel momento brilla in Russia -chi
non ha mai pensato alla triangolazione di sguardo e di pensiero con
qualcuno che la sta guardando proprio in quel momento chissa' dove nel
mondo? Una scena in apparenza solo di parola, anche se nel sottofondo si
sente, continuo, il rombo lontano ma minaccioso degli aerei: la macchina
da presa resta fissa sui due che ricordano, spiegano, raccontano. Si
tirano le somme di errori irrimediabili -non sta scritto da nessuna
parte che nella vita ci venga sempre data l'occasione di farlo. Otto
spiega a Marie che "e' la stessa cosa che uccidere quando mandi via
qualcuno che ti ama". Parlano del famigerato anello col teschio -uguale
a quelli venduti da Pauline e consorte- che Otto aveva al dito quella
sera alla sala da ballo. Nell'episodio della settimana scorsa avevamo
visto Otto e Pieritz gettare qualcosa in un lago vulcanico (Otto
ipotizzava e quasi auspicava che l'oggetto potesse costituire il
"ventino fatale" che spezzava il sottile strato di roccia alla base del
lago, portando l'acqua a contatto con la lava e scatenando un'esplosione
capace di cancellare tutto, gioa e dolore, ricordi, guerra e pace), e
scopriamo adesso che si trattava proprio dell'orrido monile.
(Pieritz, durante questo breve incontro, resta in disparte, patetico
omino che non si rende conto della sua indiscrezione tanto che Otto,
abbracciando Marie, deve dirgli "Credo sia il caso che lei se ne vada in
camera sua". Povero personaggio senza storia, di cui ricorderemo piccoli
frammenti come la sua telecronaca della corsa automobilistica in "Via
delle alture del Reich" ma di cui non sapremo quasi niente altro: salvo
che, visto che il destino non gli ha concesso i tormenti di una storia
vera, si consola guardando foto di attrici che conserva gelosamente nei
suoi bagagli e per le quali, non visto, pronuncia parole d'amore).
Il figlio di Martha e del lontano Anton e' nato. Un altro amore sboccia
fra una ragazza del villaggio e il giovane Specht, che scrive una poesia
che esalta le gambe dell'amata paragonandole a quelle della sua
mitragliera. Alla radio, Ilse Werner intrattiene il paese col narcisismo
delle dive, felice del successo della sua canzone "Canta la mia canzone
ogni volta che sei triste". Poi Otto, ritrovati Marie e Hermann, si
allontana per l'ultima volta, e salta per aria tentando di disinnescare
l'ennesima bomba inesplosa. La volta scorsa lo ripeteva sempre: basta
che in Inghilterra ne fabbricassero una con un piccolo difetto per
vanificare la sua conoscenza dei meccanismi e far esplodere tutto. Quel
momento e' arrivato, e per una volta Reitz rinuncia al suo sguardo
oggettivo: la tragedia arriva anticipata da una quantita' di presagi
inequivocabili, da una tensione crescente e a lungo rinviata, risolvendo
in modo radicale una linea narrativa che forse non aveva senso
sviluppare ulteriormente. Prima del botto, per scaricare la suspense,
discutiamo fra noi: scoppia o non scoppia? HEIMAT ci ha insegnato che la
vita non e' prevedibile come il cinema, e proprio perche' qui sembra di
prevedere un'esplosione e' chiaro che l'esplosione non potra' esserci.
Invece si': perche' non ci sono regole, tutto puo' succedere, cosi' come
puo' non succedere niente.
La guerra finisce con una breve ellissi narrativa che ci fa ritrovare
nel 1945. Oltre a Otto e' morto anche Specht, vittima di un
bombardamento casuale (i caccia tedeschi hanno costretto gli inglesi in
fuga a liberarsi delle bombe colpendo anche un non-obiettivo come
Schabbach). Un bambino che mastica chewing gum e' l'indizio che e'
successo l'irreparabile, che l'America e' arrivata fino al cuore della
Germania. Lucie e Eduard sono costretti ad abbandonare le loro
cinquantadue finestre, requisite da G.I. ormai dilaganti. Precocemente
incanutito, Wilfried sembra impazzito, Eduard invece e' l'unico che
sembra sollevato. E Lucie, dopo qualche attimo di disperazione per il
fatto di dover lasciare la casa su cui si sono proiettate tutte le sue
ambizioni di riscatto sociale, ha di nuovo quell'avido brillio negli
occhi: "Forse anche con questi americani riusciamo a combinare
qualcosa".
La guerra e' finita, e non sara' un giorno troppo presto. Ma la vita,
incapace di farsi ridurre nei tre atti delle scuole di sceneggiatura,
continua, continua, continua. E senza la guerra, che comunque incanala
tutto in binari da cui non si puo' realmente sfuggire, tutto e' ancora
piu' da inventare.
58' (7-continua)
P.S. Per Antonio, che non so se abbia ricevuto il mio SMS di ieri sera,
e per Alessandro che cercava le cassette di HEIMAT 1: ieri, sabato 19
gennaio, sono passato presso Hollywood in via di Monserrato 107 -di
certo la migliore videoteca romana per chi cerca cinema "d'autore". Di
HEIMAT 1 hanno le prime 5 cassette, vale a dire i primi 9 episodi. Mi
hanno detto che fanno anche vendite contrassegno, se Alessandro fosse
interessato: il numero di telefono per contatti e' 06-6869197. Hanno
anche tutto HEIMAT 2, ma lo vendono solo in blocco per non trovarsi con
una collezione spaiata: e il costo non e' proprio un regalo, visto che
sono ben 13 cassette che costano 17,30 § (euro) ciascuna... Farebbero
piu' di quattrocentomila lire: pero' e' l'edizione Mondadori
Video-Mikado, che suppongo di qualita' superiore rispetto a quella di
Elleu. Nico, tu che versione hai? Copertine di plastica oppure di
cartoncino?
La risposta di Antonio
1/11 Nostalgia di terre lontane (1919-28) - 119'
2/11 Il centro del mondo (1929-33) - 89'
3/11 Natale come mai fino allora (1935) - 57'
4/11 Via delle alture del Reich (1938) - 58'
5/11 Scappato via e ritornato (1938-39) - 57'
6/11 Fronte interno (1943) - 57'
7/11 L'amore dei soldati (1944) - 58'
8/11 L'americano (1945-47) - 103'
9/11 Hermannchen (1955-56) - 138'
10/11 Gli anni ruggenti (1967-69) - 82'
11/11 La festa dei vivi e dei morti (1982) - 82'
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