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HEIMAT - Il centro del mondo (1929-33)

Antonio scrisse, il 13 dicembre:

>Solo per convocarvi, per la visione del secondo, sicuramente pi˜ vivace, episodio di Heimat, venerdĪ 14 alle ore 21 a casa nostra.
>
>Se venite "non mangiati", provvederemo a comprare la pizza in rosticceria.
>
>RSVP

E' passata una settimana, la serata d'esordio di quella che minaccia di diventare una lunga marcia sembra gia' semicancellata dai quotidiani affanni, dagli investimenti nel famigerato Hollywood Stock Exchange, dal Natale che avanza e dalla neve che -proprio perche' prevista- puntualmente a Roma (ma quasi solo a Roma, sembra) non e' arrivata. Eppure quelle quasi due ore passate nell'Hunsruck degli anni Venti sono rimaste li', da qualche parte, a lavorare tenacemente. Ed ecco che questa sera l'equipaggio e' aumentato. Agli ospiti Antonio, Barbara (e Fidel) si aggiungono il germanofilo Francesco -l'unico che quando vede una didascalia in tedesco non si limita a guardarla come un quadro di Jackson Pollock ma riesce ad estrarne un qualche senso- e Chiara dalle bande nere, che in questo film di bande nere non ne dovrebbe proprio trovare.

"Benvenuti in Germania", ci saluta Antonio sulla porta di casa. Stasera la missione e' meno dura di quella della volta scorsa: la cassetta che viene spacchettata contiene ben due episodi ma l'idea e' di vederne uno solo, per evitare di ingozzarci di un cibo che sembra invece il caso di centellinare -se non altro per evitare il rischio di piaghe da decubito (anche se l'episodio due piu' l'episodio tre sommati superano di appena un minutino l'immane Harry Potter, che fin qui siamo riusciti ad evitare e che altrimenti devono aver gia' visto proprio tutti).

La parte due di HEIMAT uno comincia da un album di fotografie e da una voce che presenta i personaggi usando immagini che abbiamo visto la settimana scorsa. Strana sensazione: l'episodio pilota e' stato un'esperienza di visione a coscienza intermittente, e non e' facilissimo capire cosa ci si ricorda e cosa ci si e' inventato per riempire qualche defaillance di attenzione. Quelle foto rinviano alla memoria nostra oltre che a quella dei personaggi e del narratore invisibile. E forse e' qui che cominciamo a renderci conto di aver messo un piede in una ragnatela che sta cominciando ad appiccicarsi da qualche parte.

Intanto il videoregistratore protesta: durante tutti i titoli di testa il nastro cessa di scorrere diverse volte e Antonio e' costretto a farlo ripartire di continuo. Finiti i titoli, la cassetta si interrompera' periodicamente allo stesso modo: forse un'autodifesa del VCR che e' stato imbarcato suo malgrado in una missione piu' grande di lui, forse un difetto del nastro -appena disincellofanato ma stampato dalla Mondadori video gia' diversi anni or sono. Per noi diventa un tormentone che a volte permette di prendere fiato e scambiare qualche battuta senza doversi perdere il dialogo che sullo schermo prosegue.

Siamo sempre a Schabbach. Ma non solo: una didascalia e una immagine nebbiosa della Statua della Liberta' ci portano a una New York che deve essere appena uscita dal crollo borsistico del '29. Uscita mica tanto, per la verita': fra l'altro ci troviamo in mezzo ad emigranti, e mentre un gruppo di italiani cantano con l'accompagnamento di un'armonica "Mamma mia dammi cento lire" (dovremmo proporla al maestro del nostro coro, ma sarebbe difficile farla passare come composizione paragonabile a "Oh bone Jesus" di palestrina) troviamo da un barbiere lo scomparso Paul (Pa-ul) Simon, che chissa' perche' non ha detto a nessuno che andava a cercare l'America.

Intanto a casa i suoi figli crescono sotto la guida dell'abbandonata moglie Maria -che non ha dimenticato il marito e spende una lacrima sul tristissimo corpicino di una martora catturata da una tagliola. La scena in cui diversi membri della fattoria contemplano muti la bestiolina ammazzata dallo scatto della trappola e' bellissima e comanda un'attenzione che questa volta -lo si capisce subito- non sara' affatto soggetta a cali.

Con una battuta, Chiara fotografa perfettamente la sensazione che ci da' la scelta stilistica del regista Edgar Reitz di alternare senza apparente motivo scene a colori con altre in bianco e nero: "Sembra di leggere un vecchio Topolino", e tutti ricordano all'istante un tempo in cui certi giornalini alternavano pagine a colori con altre stampate in BN o in quadricromia sull'altra faccia del sedicesimo (o dell'ottavo?). "Mi ha dato la stessa sensazione di quando, dopo qualche pagina in Bianco e Nero arrivava finalmente quella tutta a colori", commenta Chiara, e per un paio di volte approva ad alta voce i vari ritorni della policromia. Il gioco forse sta funzionando anche troppo bene: abbiamo passato nemmeno una dozzina di anni nella Germania prenazista e gia' siamo preda di ricordi personali che cominciano a riaffiorare. Se va avanti cosi' finiamo per ritrovarci in una seduta psichiatrica colletiva generale.

E intanto la storia comincia a macinare eventi, prima che la Storia cominci a macinare tragedie. Il fratello di Paul e' a Berlino a curarsi (non abbiamo capito se spende l'oro trovato nel fiume, anche perche' nella puntata scorsa non sembrava certo che si trattasse di oro e non di pirite o roba simile -e nella puntata si parla spesso di gente che sta contraendo debiti... ci torneremo) e si lega alla simpatica tenutaria di bordello che lo scambia per un ricco possidente terriero. Dopo il matrimonio dei due, i sogni di lei si infrangono con un viaggio a Schabbach: ma dopo la prima delusione la ragazza sembra vedere nuove possibilita'. Forse e' innamorata, forse no, forse lo scopriremo. Perche' intanto il nazismo si sta affermando. Hitler diventa cancelliere, si cominciano a vedere in giro divise e i modi di certi personaggi cominciano a cambiare, e tanto. Molti comprano macchine e scopriamo presto che forse non se le possono permettere: la saggia mater familias si preoccupa perche' sa che i conti si devono pagare. Ma l'unica altra persona che inarca un sopracciglio preoccupato e' Fritz, che fa l'operaio a Koblenza, che e' comunista e che viene portato via con gentile fermezza da un poliziotto che cerca di rassicurare i familiari: lo rimetteremo in riga, tornera' che non lo riconoscete piu' perche' gli estirperemo queste idee sbgliate dalla testa (proprio Hitler, qualche tempo prima, ha annunciato che non si puo' tollerare chi la pensa diversamente), e comunque nei campi di rieducazione, non temete, si sta bene -si mangia, si fa sport. Tranquilli.

Mmmm. Intanto si aspetta la visita di Hitler in paese. Hanno appeso uno striscione che paragona il cancelliere a Colombo ("Perche', vuole andare in America?" "No, per via dell'uovo"). Le macchine in citta' si moltiplicano, anche se la puntata si e' aperta con l'arrivo inopinato di un'amazzone francese a cavallo che da Parigi e' diretta a Berlino per motivi che restano imprecisati.

I vecchi sono forse i soli a sentirsi inquieti. I giovani sono in preda all'euforia di un periodo che sembra annunciare un boom economico: la gente compra, l'economia sembra tirare. E' tempo di spendere, di godere e di divertirsi.

In cortile, il fratello di Paul in divisa insegna il passo dell'oca a due bambini, ma alcuni si sono ammalati di difterite. Mentre monta i cavi del telefono, che arriva in citta', uno degli operai suggerisce di fare degli sciacqui con l'aceto.

Belle trasfocate, soprattutto nelle scene al bordello. Altro che televisione, in effetti questo sembra proprio cinema, anche se ha la pedalata lenta. E l'episodio della settimana scorsa acquista un suo senso particolarissimo: quegli eventi slegati ora sono per noi ricordi piu' o meno lontani che condividiamo coi personaggi, come il picnic fra le rovine del castello, durante il quale si e' ascoltata per la prima volta la radio (quella stessa con cui ora Maria ascolta la musica americana da un'emittente olandese, pensando al marito che forse e' di la' dall'oceano). C'e' un passato, adesso, e se e' vero che senza passato non c'e' il presente, il presente di questo film ora ce lo sentiamo addosso tutto. Non e' uno scherzo.

Il sito di Heimat 3, citato in una discussione collaterale

1/11 Nostalgia di terre lontane (1919-28) - 119'
2/11 Il centro del mondo (1929-33) - 89'
3/11 Natale come mai fino allora (1935) - 57'
4/11 Via delle alture del Reich (1938) - 58'
5/11 Scappato via e ritornato (1938-39) - 57'
6/11 Fronte interno (1943) - 57'
7/11 L'amore dei soldati (1944) - 58'
8/11 L'americano (1945-47) - 103'
9/11 Hermannchen (1955-56) - 138'
10/11 Gli anni ruggenti (1967-69) - 82'
11/11 La festa dei vivi e dei morti (1982) - 82'

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Tutti i testi © Alberto Farina