(At the end of a story there's no more to be told)
Voce fuori campo su immagini fisse: "Tutto e' rimasto uguale, alla
nostra Schabbach di Roma Nord. Questi sono Antonio e Barbara. Barbara
sembra non poterne davvero piu' di questa serie, e di questi ospiti che
da settimane le invadono il salotto per vedersi questa serie in bianco e
nero. Ma e' una persona cosi' buona e ospitale che non te lo fa pesare.
Accanto a lei c'e' Antonio: ha acquistato l'intera serie, forse
all'inizio aveva paura di aver fatto il passo piu' lungo della gamba.
Adesso sa di aver creato una super razza di iniziati. Intanto Fidel ha
imparato a non avere piu' paura degli uomini con la barba. Ecco Chiara,
la dolce Chiara. Chissa' cosa sta sognando, in questo momento. Quando
dorme puoi stare sicuro che si e' arrivati a due terzi della puntata
odierna, quale che ne sia la durata. Alberto e' seduto li' accanto. Alla
fine ha preso l'abitudine di prendere appunti, durante la proiezione, su
quell'agendina elettronica dove si scrive con uno stilo: poi li usa per
scrivere una specie di diario, che non legge quasi piu' nessuno.
Francesco non ha piu' perdonato Maria dopo la puntata su Hermann:
gioisce delle sue sfortune, ritiene ingiuste le sue gioie. E Flavia? A
volte c'e', a volte manca: ma stasera non ha voluto mancare. Come
Alberto, e' da una settimana divenuta zia di Vincenzo. La presenza di
Flavia compensa l'assenza di Januaria, lontana dalla citta'. Suo
fratello si e' appena sposato con Gael, al di la' delle montagne".
Wurstel e crauti. Birra tedesca. Strudel. Apfelsaft. La radio del
satellite che questa settimana Antonio ha sintonizzato sul canale della
Volksmusik. Damen und herren, siamo al gran finale, l'undicesimo e
ultimo venerdi' dedicati all'esplorazione comunitaria del capolavoro
fiume di Edgar Reitz. La serata e' stata preparata con l'attenzione ai
dettagli che si riserva a un evento. Tanti anni fa si era fatta una cosa
del genere per l'ultima puntata di "Twin Peaks".
Perche' l'ultima puntata e' un piccolo trauma. Diceva la canzone: "At
the end of the river, the water stops its flow. At the end of the
higway, there's no place you can go". Dove andremo adesso? Dopo tre mesi
di cammino, l'avventura HEIMAT arriva alla sua conclusione e ci si
chiede dove siamo arrivati. Da nessuna parte, forse, ed e' difficile
fare un bilancio: come in tutti i viaggi, conta il percorso, non
l'arrivo.
Perche' l'arrivo, alla fine, e' uguale per tutti. Maria e' nata nel 1900
e si e' fermata nel 1982, proprio un attimo prima che cominci la puntata
di oggi. La voce fuori campo di Glasisch stavolta commenta un albero
genealogico di tutti i personaggi che abbiamo seguito per tre
generazioni (accidenti, bisognerebbe trovare da qualche parte
l'immagine. Chissa' se qualcuno l'ha mai pubblicata integralmente,
magari su qualche libro scansionabile o meglio ancora su internet...) e
ci si rende conto che siamo al momento in cui si tirano davvero le
somme. Molti membri della grande famiglia di cui ormai ci sentiamo parte
se ne sono andati per sempre. Eduard deve alla fine aver ceduto al suo
famoso male ai polmoni. Lucie l'ha seguito gia' nel 1975. Ognuno di noi
scopre con una piccola fitta al cuore quando se ne e' andato questo o
quello, forse anche con un po' di senso di colpa perche' non eravamo li'
a salutarli.
Maria e' morta, insomma. Arriviamo in tempo solo per il funerale, per il
quale sono convenuti parenti da tutto il mondo -persino dal Brasile,
pensate un po'. Anton si aggira sempre come un cerbero, con quel tarlo
che lo scava da dentro e ne fa una persona sospettosa e incattivita,
chissa' perche'. Hermann e' in ritardo, e arriva dopo che il corteo e'
stato disperso dalla pioggia. Trova la bara in mezzo alla strada
inondata, la vede a intermittenza attraverso il parabrezza della sua
auto. La pioggia che cade sui vivi e sui morti, come la neve nell'ultimo
racconto di "Gente di Dublino", da cui John Huston trasse il film del
congedo, "The Dead". Ed e' la morte la protagonista apparente di tutta
la puntata: ne parlano tutti, e tutti ci pensano. Le bolle di sapone che
invadono lo schermo poco prima della fiera, e durante, sembrano anime
volanti.
E sara' dell'anima di Maria che si allontana, quella soggettiva volante
dei caccia che sorvolano su Schabbach e si allontanano su distese
infinite di verde? Reitz ci offre gia' ora il punto di vista di chi se
ne va, dall'alto, da dove il villaggio, tutte le sue storie e tutti i
suoi dolori non sono piu' che linee astratte sulla mappa del mondo.
******************
Fin qui, quello che avevo scritto a mente (quasi) fresca, nei giorni
immediatamente successivi alla visione dell'ultima puntata. E ce n'era
ancora, parecchia roba da annotare. Pero': Antonio e Barbara erano
partiti per due settimane di vacanza; non c'era il pungolo
dell'appuntamento della settimana successiva a fungere da deadline; gli
appunti scritti sul Visor durante la serata erano li', rassicuranti, a
suggerire che si poteva riprendere a scrivere in qualsiasi momento.
Poi, come sempre, hanno cominciato a succedere le solite mille cose che
costellano le nostre esistenze, e ancora una volta e' scattata la
sindrome degli ultimi giorni, quella per cui magari uno tiene per giorni
e giorni il diario di un viaggio, fissando gli eventi il giorno dopo o
entro quarantott'ore, ma poi arriva a casa e tanti mesi dopo scopre di
non aver piu' fissato su carta quegli ultimi due o tre giorni, che
restano per sempre fantasmi di parole mai scritte sulle pagine rimaste
bianche. Schabbach e' rimasta li', nei nostri cuori e nelle nostre
menti: ma gia' ora e' il ricordo di un ricordo. Magari abbastanza per
parlarne in generale, ma non per fotografarla nei suoi sapori, odori e
colori (o bianchi e neri). Spiacente.
E allora meglio lasciare il racconto incompiuto come ha voluto essere,
riportando cosi' come sono quei pochi appunti buttati giu' durante la
proiezione -con qualche nota qua e la' dove non si capisce. Con la
promessa rassicurante e illusoria di ritornarci su, prima o poi, forse.
E ringraziando chi e' riuscito ad arrivare fino in fondo anche a queste
lunghe righe.
Dal Visor:
avvoltoi dei mobili
(sono gli uomini di Ernst, che si aggirano sinistri per il
villaggio, cercando mobili da portare via per rivenderli)
Paul, me lo devi dire perche te ne sei andato
(lo chiede a Paul qualcuno. Glasisch? Non otterra' risposta,
comunque)
le lapidi che conosciamo
bolle di sapone
anton inchioda la porta
(la porta della casa di sua madre, per evitare di far passare
gli avvoltoi. E suo fratello, che entra pero' dalla finestra. In una
scena, i tre fratelli -Anton, Ernst e Hermann- ognuno in una stanza
diversa, ognuno con oggetti che risvegliano mille madeleines personali)
Der Paesiellen!
(Chiara, che annuncia il titolo di una serie TV che intende
realizzare. Questa la capiscono solo i fedelissimi, ma e' giusto che sia
cosi')
Da sinistra a destra, e si aspettano certe sovvenzioni
(E chi se lo ricorda cosa voleva dire questa annotazione - ma il
riferimento era visivo, non politico)
"Una volta sola nell'anno fiorisce il maggio, una volta sola nella vita
l'amore"
(Che altro aggiungere?)
ricordo del dono del tv:
(Un flash back prezioso, uno dei tanti che ci riporta Maria in
vita dopo la morte, magia del cinema. In diretta, Anton trova uno
scatolone dimenticato in cantina. Nel ricordo: Anton che porta a sua
madre in regalo un nuovissimo televisore -a colori?- e se lo vede
restituire con la frase che segue, che varrebbe la pena di stampare e
incorniciare:)
"Questa e' roba per gente che vuole morire. Io non voglio morire cosi':
riprenditelo, Anton, e vienimi a trovare piu spesso".
Volksmusik al 70o compleanno
(di Marie. Dodici anni fa, quindi)
e si vede Lucie, che sarebbe morta 5 anni dopo
(poi comincia la grande festa finale)
un'ombra col cappello sul muro, giostra nel fumo notturno con orchestra
che biascica Sentimental Journey, e la balera e' chiusa
(di nuovo nel 1982, Glasisch ormai vecchio e molto malandato si
allontana dalla grande festa del villaggio ed apre una porta un poco
piu' in la'. All'interno trova tutti i personaggi che ci hanno lasciati
nel corso della saga che si sta concludendo. Tutti vivi, giovani, belli
e tranquilli. A guardare dalle finestre la festa dei vivi, senza
rimpianto).
"Siamo di nuovo tutti insieme come una volta"
(Pieritz a Otto e Maria, che finalmente si sono ritrovati)
"Signor Pieritz, sparisca"
(Otto a Pieritz, abbracciando Maria)
Mathias non lo vedono era cieco
(Noi sappiamo che c'e' anche un problema piu' prosaico: durante
la lavorazione era morto l'attore, Willi Burger.)
Hermann bacia Gisela, figlia di Anton
(Se Anton potesse vederli...)
Glasisch morto lo nascondono per la festa,
(La vita continua, e il corpo vecchio abbandonato da Glasisch
quando e' entrato in quella porta non serve piu' a nessuno)
bolla di sapone di fumo e tutti ballano il ballo del QUA QUA
e Anton cade, sordo
(colpito chissa' da cosa, forse dallo stress per tanto odio e
tanta preoccupazione).
febbraio 2002
Ed e' proprio la fine. Immortaliamo l'evento con le foto della serata:
Fidel che dorme sulle cassette che abbiamo pian piano finito di scalare.
Il gruppo dello zoccolo duro, ognuno con in mano la cassetta
dell'episodio favorito. Sorrisi, uniti da un viaggio di sessantatre
anni, dal 1919 al 1982.
E la voglia di ripartire, magari a settembre, con HEIMAT 2, che tutti
dicono ancora piu' bello di questo.
94' (11-fine. Le precedenti puntate sono rintracciabili su
http://groups.google.com)
1/11 Nostalgia di terre lontane (1919-28) - 119'
2/11 Il centro del mondo (1929-33) - 89'
3/11 Natale come mai fino allora (1935) - 57'
4/11 Via delle alture del Reich (1938) - 58'
5/11 Scappato via e ritornato (1938-39) - 57'
6/11 Fronte interno (1943) - 57'
7/11 L'amore dei soldati (1944) - 58'
8/11 L'americano (1945-47) - 103'
9/11 Hermannchen (1955-56) - 138'
10/11 Gli anni ruggenti (1967-69) - 82'
11/11 La festa dei vivi e dei morti (1982) - 82'
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