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HEIMAT - La festa dei vivi e dei morti (1982)

(At the end of a story there's no more to be told)

Voce fuori campo su immagini fisse: "Tutto e' rimasto uguale, alla nostra Schabbach di Roma Nord. Questi sono Antonio e Barbara. Barbara sembra non poterne davvero piu' di questa serie, e di questi ospiti che da settimane le invadono il salotto per vedersi questa serie in bianco e nero. Ma e' una persona cosi' buona e ospitale che non te lo fa pesare. Accanto a lei c'e' Antonio: ha acquistato l'intera serie, forse all'inizio aveva paura di aver fatto il passo piu' lungo della gamba. Adesso sa di aver creato una super razza di iniziati. Intanto Fidel ha imparato a non avere piu' paura degli uomini con la barba. Ecco Chiara, la dolce Chiara. Chissa' cosa sta sognando, in questo momento. Quando dorme puoi stare sicuro che si e' arrivati a due terzi della puntata odierna, quale che ne sia la durata. Alberto e' seduto li' accanto. Alla fine ha preso l'abitudine di prendere appunti, durante la proiezione, su quell'agendina elettronica dove si scrive con uno stilo: poi li usa per scrivere una specie di diario, che non legge quasi piu' nessuno. Francesco non ha piu' perdonato Maria dopo la puntata su Hermann: gioisce delle sue sfortune, ritiene ingiuste le sue gioie. E Flavia? A volte c'e', a volte manca: ma stasera non ha voluto mancare. Come Alberto, e' da una settimana divenuta zia di Vincenzo. La presenza di Flavia compensa l'assenza di Januaria, lontana dalla citta'. Suo fratello si e' appena sposato con Gael, al di la' delle montagne".

Wurstel e crauti. Birra tedesca. Strudel. Apfelsaft. La radio del satellite che questa settimana Antonio ha sintonizzato sul canale della Volksmusik. Damen und herren, siamo al gran finale, l'undicesimo e ultimo venerdi' dedicati all'esplorazione comunitaria del capolavoro fiume di Edgar Reitz. La serata e' stata preparata con l'attenzione ai dettagli che si riserva a un evento. Tanti anni fa si era fatta una cosa del genere per l'ultima puntata di "Twin Peaks".

Perche' l'ultima puntata e' un piccolo trauma. Diceva la canzone: "At the end of the river, the water stops its flow. At the end of the higway, there's no place you can go". Dove andremo adesso? Dopo tre mesi di cammino, l'avventura HEIMAT arriva alla sua conclusione e ci si chiede dove siamo arrivati. Da nessuna parte, forse, ed e' difficile fare un bilancio: come in tutti i viaggi, conta il percorso, non l'arrivo.

Perche' l'arrivo, alla fine, e' uguale per tutti. Maria e' nata nel 1900 e si e' fermata nel 1982, proprio un attimo prima che cominci la puntata di oggi. La voce fuori campo di Glasisch stavolta commenta un albero genealogico di tutti i personaggi che abbiamo seguito per tre generazioni (accidenti, bisognerebbe trovare da qualche parte l'immagine. Chissa' se qualcuno l'ha mai pubblicata integralmente, magari su qualche libro scansionabile o meglio ancora su internet...) e ci si rende conto che siamo al momento in cui si tirano davvero le somme. Molti membri della grande famiglia di cui ormai ci sentiamo parte se ne sono andati per sempre. Eduard deve alla fine aver ceduto al suo famoso male ai polmoni. Lucie l'ha seguito gia' nel 1975. Ognuno di noi scopre con una piccola fitta al cuore quando se ne e' andato questo o quello, forse anche con un po' di senso di colpa perche' non eravamo li' a salutarli.

Maria e' morta, insomma. Arriviamo in tempo solo per il funerale, per il quale sono convenuti parenti da tutto il mondo -persino dal Brasile, pensate un po'. Anton si aggira sempre come un cerbero, con quel tarlo che lo scava da dentro e ne fa una persona sospettosa e incattivita, chissa' perche'. Hermann e' in ritardo, e arriva dopo che il corteo e' stato disperso dalla pioggia. Trova la bara in mezzo alla strada inondata, la vede a intermittenza attraverso il parabrezza della sua auto. La pioggia che cade sui vivi e sui morti, come la neve nell'ultimo racconto di "Gente di Dublino", da cui John Huston trasse il film del congedo, "The Dead". Ed e' la morte la protagonista apparente di tutta la puntata: ne parlano tutti, e tutti ci pensano. Le bolle di sapone che invadono lo schermo poco prima della fiera, e durante, sembrano anime volanti.

E sara' dell'anima di Maria che si allontana, quella soggettiva volante dei caccia che sorvolano su Schabbach e si allontanano su distese infinite di verde? Reitz ci offre gia' ora il punto di vista di chi se ne va, dall'alto, da dove il villaggio, tutte le sue storie e tutti i suoi dolori non sono piu' che linee astratte sulla mappa del mondo.

******************

Fin qui, quello che avevo scritto a mente (quasi) fresca, nei giorni immediatamente successivi alla visione dell'ultima puntata. E ce n'era ancora, parecchia roba da annotare. Pero': Antonio e Barbara erano partiti per due settimane di vacanza; non c'era il pungolo dell'appuntamento della settimana successiva a fungere da deadline; gli appunti scritti sul Visor durante la serata erano li', rassicuranti, a suggerire che si poteva riprendere a scrivere in qualsiasi momento.

Poi, come sempre, hanno cominciato a succedere le solite mille cose che costellano le nostre esistenze, e ancora una volta e' scattata la sindrome degli ultimi giorni, quella per cui magari uno tiene per giorni e giorni il diario di un viaggio, fissando gli eventi il giorno dopo o entro quarantott'ore, ma poi arriva a casa e tanti mesi dopo scopre di non aver piu' fissato su carta quegli ultimi due o tre giorni, che restano per sempre fantasmi di parole mai scritte sulle pagine rimaste bianche. Schabbach e' rimasta li', nei nostri cuori e nelle nostre menti: ma gia' ora e' il ricordo di un ricordo. Magari abbastanza per parlarne in generale, ma non per fotografarla nei suoi sapori, odori e colori (o bianchi e neri). Spiacente.

E allora meglio lasciare il racconto incompiuto come ha voluto essere, riportando cosi' come sono quei pochi appunti buttati giu' durante la proiezione -con qualche nota qua e la' dove non si capisce. Con la promessa rassicurante e illusoria di ritornarci su, prima o poi, forse. E ringraziando chi e' riuscito ad arrivare fino in fondo anche a queste lunghe righe.

Dal Visor:

avvoltoi dei mobili

        (sono gli uomini di Ernst, che si aggirano sinistri per il villaggio, cercando mobili da portare via per rivenderli)

Paul, me lo devi dire perche te ne sei andato

        (lo chiede a Paul qualcuno. Glasisch? Non otterra' risposta, comunque)

le lapidi che conosciamo
bolle di sapone
anton inchioda la porta

        (la porta della casa di sua madre, per evitare di far passare gli avvoltoi. E suo fratello, che entra pero' dalla finestra. In una scena, i tre fratelli -Anton, Ernst e Hermann- ognuno in una stanza diversa, ognuno con oggetti che risvegliano mille madeleines personali)

Der Paesiellen!

        (Chiara, che annuncia il titolo di una serie TV che intende realizzare. Questa la capiscono solo i fedelissimi, ma e' giusto che sia cosi')

Da sinistra a destra, e si aspettano certe sovvenzioni

        (E chi se lo ricorda cosa voleva dire questa annotazione - ma il riferimento era visivo, non politico)

"Una volta sola nell'anno fiorisce il maggio, una volta sola nella vita l'amore"

        (Che altro aggiungere?)

ricordo del dono del tv:

        (Un flash back prezioso, uno dei tanti che ci riporta Maria in vita dopo la morte, magia del cinema. In diretta, Anton trova uno scatolone dimenticato in cantina. Nel ricordo: Anton che porta a sua madre in regalo un nuovissimo televisore -a colori?- e se lo vede restituire con la frase che segue, che varrebbe la pena di stampare e incorniciare:)

"Questa e' roba per gente che vuole morire. Io non voglio morire cosi': riprenditelo, Anton, e vienimi a trovare piu spesso".

Volksmusik al 70o compleanno

        (di Marie. Dodici anni fa, quindi)

e si vede Lucie, che sarebbe morta 5 anni dopo

        (poi comincia la grande festa finale)

un'ombra col cappello sul muro, giostra nel fumo notturno con orchestra che biascica Sentimental Journey, e la balera e' chiusa

        (di nuovo nel 1982, Glasisch ormai vecchio e molto malandato si allontana dalla grande festa del villaggio ed apre una porta un poco piu' in la'. All'interno trova tutti i personaggi che ci hanno lasciati nel corso della saga che si sta concludendo. Tutti vivi, giovani, belli e tranquilli. A guardare dalle finestre la festa dei vivi, senza rimpianto).

"Siamo di nuovo tutti insieme come una volta"

        (Pieritz a Otto e Maria, che finalmente si sono ritrovati)

"Signor Pieritz, sparisca"

        (Otto a Pieritz, abbracciando Maria)

Mathias non lo vedono era cieco

        (Noi sappiamo che c'e' anche un problema piu' prosaico: durante la lavorazione era morto l'attore, Willi Burger.)

Hermann bacia Gisela, figlia di Anton

        (Se Anton potesse vederli...)

Glasisch morto lo nascondono per la festa,

        (La vita continua, e il corpo vecchio abbandonato da Glasisch quando e' entrato in quella porta non serve piu' a nessuno)

bolla di sapone di fumo e tutti ballano il ballo del QUA QUA
e Anton cade, sordo

        (colpito chissa' da cosa, forse dallo stress per tanto odio e tanta preoccupazione).

febbraio 2002

Ed e' proprio la fine. Immortaliamo l'evento con le foto della serata: Fidel che dorme sulle cassette che abbiamo pian piano finito di scalare. Il gruppo dello zoccolo duro, ognuno con in mano la cassetta dell'episodio favorito. Sorrisi, uniti da un viaggio di sessantatre anni, dal 1919 al 1982.

E la voglia di ripartire, magari a settembre, con HEIMAT 2, che tutti dicono ancora piu' bello di questo.

94' (11-fine. Le precedenti puntate sono rintracciabili su http://groups.google.com)

1/11 Nostalgia di terre lontane (1919-28) - 119'
2/11 Il centro del mondo (1929-33) - 89'
3/11 Natale come mai fino allora (1935) - 57'
4/11 Via delle alture del Reich (1938) - 58'
5/11 Scappato via e ritornato (1938-39) - 57'
6/11 Fronte interno (1943) - 57'
7/11 L'amore dei soldati (1944) - 58'
8/11 L'americano (1945-47) - 103'
9/11 Hermannchen (1955-56) - 138'
10/11 Gli anni ruggenti (1967-69) - 82'
11/11 La festa dei vivi e dei morti (1982) - 82'

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Tutti i testi © Alberto Farina