(flashback)
Sono quelle cose che dici che farai un giorno, magari quando avrai
tempo, magari la prossima estate, e poi ti rendi conto che se va avanti
cosi' arriverai alla pensione e starai ancora rinviando, rinviando
l'appuntamento come per tutti quei libri e DVD che continui a comprare e
che si accumulano nello scaffale dei libri non ancora letti e dei DVD
non visti in attesa che ti capiti l'omino della libreria che vende il
tempo di cui ha parlato su it.cultura.libri una certa Maria Strofa.
HEIMAT, gia' la parola fa un po' paura. Dura 15 ore e fischia, mica una
bazzecola. Pero', diversi anni fa, c'era stato Vittorio che diceva: "Ti
invidio, tu che non l'hai ancora visto, tu che puoi ancora vederlo per
la prima volta". Nientemeno. E quindi come si fa a dire di no ad Antonio
che dopo lunghe ricerche e' riuscito finalmente a mettere le mani sulle
cassette del fluviale film-sceneggiato di Edgar Reitz (seguito poi, si
sa, da un HEIMAT 2 che si aggira sulle 26 ore -e, qualcuno puo'
confermare o smentire, che forse conoscera' prossimamente un HEIMAT 3
per vedere il quale bisognera' davvero stanziare le ferie di un anno) e
che propone di cominciare una visione scadenzata e periodica dell'intera
saga? Le montagne si scalano un metro alla volta. E allora ecco che un
venerdi' 7 dicembre, alla fine della quinta giornata faticosa della
settimana, ci si trova in tre a casa sua (in realta' in quattro:
Antonio, Barbara, il sottoscritto e Fidel -l'unico che ha la coda) con
il cofanetto incellofanato che sta li' come il K2 e il videoregistratore
che trema.
L'unico che ha gia' assaggiato qualcosa di cio' che ci aspetta e'
Antonio, che ha visto chissa' quando un episodio di HEIMAT 1 e uno di
HEIMAT 2. Si comincia col passo incerto e un po' incosciente di chi sa
di stare entrando in una sorta di tunnel che potrebbe durare chissa'
quanto. Appare la scritta HEIMAT, a caratteri cubitali sullo schermo, e
il viaggio incomincia.
Il primo episodio parte subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale,
col ritorno a casa di un personaggio di nome Paul Simon (Garfunkel non
c'entra affatto: si pronuncia Pa-ul, non Po-l). Tutto il film si svolge
a Schabbach, villaggio rurale che apprendero' in seguito essere
immaginario ma che si trova nella zona natale del regista. Si nota un
occhio molto interessato alla ricostruzione storica della vita
quotidiana: l'epoca e' raccontata con una semplicita' che a ben vedere
e' solo apparente, ma l'effetto e' quello di sbirciare scene di vita
quotidiana attraverso un qualche tipo di macchina del tempo. C'e' un
senso di voyeuristico che di rado il cinema comunica: forse perche' la
narrazione e' mooolto lasca, e procede per flash senza stretti nessi
causali, senza una necessita' drammatica particolare. I rari episodi che
appaiono davvero rilevanti (la scopertura di una statua al milite
ignoto, la scoperta di qualcosa che sembra oro in un ruscello vicino al
villaggio, la scoperta del cadavere di una donna nuda in un bosco
vicino) restano quasi sospesi in un continuo stream of life-ness che
ipnotizza senza trascinare e che si ammira con una certa cinica e
sardonica freddezza. Si scherzicchia, si fa qualche battuta che
manifesta desideri di autodifesa, ma il film procede e si resta a
guardarlo -magari sbirciando ogni tanto il timer per sapere quanto
manca, ma senza mai pensare di suggerire interruzioni o rinvii.
A volte il sonno fa calare brevemente le palpebre -a tratti lo stile
sembra autorizzare questo comportamento per via della lunghezza di
qualche inquadratura in campo lungo, ma in altri momenti il montaggio
accelera, le inquadrature si fanno piu' audaci. Reitz usa benissimo le
quinte, e si direbbe nel complesso piu' a suo agio con le immagini
composte come in una fotografia che col movimento di macchina. E
l'esperienza ha un che di vagamente onirico, con la visione che si
mescola in modo personalissimo all'immaginazione interiore di ciascuno
di noi tre spettatori, creando ricordi che non si sa bene quanto siano
evanescenti e quanto reali.
Si finisce, ovviamente, abbastanza tardi. Ci si guarda in faccia
incerti, indecisi su che opinione avere. Nel complesso si direbbe una
faccenda piuttosto noiosa, ma resta la curiosita' di vedere cosa
succede, nelle puntate successive... piu' alla Germania che alla
famiglia protagonista, che ancora forse dobbiamo imparare a conoscere e
amare o detestare. Ci portiamo a casa qualche personaggio: la bella
Maria, che ha amoreggiato con Paul ai margini del bosco dove si sarebbe
trovato il cadavere, e che poi l'ha sposato. Il borgomastro del
villaggio, fanatico delle automobili. Il fratello di Paul, che forse ha
trovato l'oro nel ruscello e che ha grossi problemi di salute ai
polmoni. E Paul stesso, che alla fine della puntata si allontana verso
l'orizzonte per sparire nel nulla, chissa' dove.
E intanto, qualcuno ha cominciato a tirare sassi contro le finestre
della casa di un ebreo che vive al piano di sopra di un altro membro
della famiglia, orologiaio (dove? Antonio, certamente siamo lontani dal
villaggio, ma non siamo di certo a Koblenza -dove andremo nella seconda
puntata, ne' a Berlino. Tu ricordi il luogo?). Per poco che ricordi di
Storia moderna, dalla prossima settimana le cose dovrebbero cominciare
un poco a movimentarsi.
HEIMAT. L'avventura e' cominciata. Qualcuno ha voglia di unirsi alla
carovana, per suggerire percorsi che gia' conosce, o per scoprirne
insieme?
La risposta di Antonio
1/11 Nostalgia di terre lontane (1919-28) - 119'
2/11 Il centro del mondo (1929-33) - 89'
3/11 Natale come mai fino allora (1935) - 57'
4/11 Via delle alture del Reich (1938) - 58'
5/11 Scappato via e ritornato (1938-39) - 57'
6/11 Fronte interno (1943) - 57'
7/11 L'amore dei soldati (1944) - 58'
8/11 L'americano (1945-47) - 103'
9/11 Hermannchen (1955-56) - 138'
10/11 Gli anni ruggenti (1967-69) - 82'
11/11 La festa dei vivi e dei morti (1982) - 82'
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