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HEIMAT - Nostalgia di terre lontane (1919-28)

(flashback)

Sono quelle cose che dici che farai un giorno, magari quando avrai tempo, magari la prossima estate, e poi ti rendi conto che se va avanti cosi' arriverai alla pensione e starai ancora rinviando, rinviando l'appuntamento come per tutti quei libri e DVD che continui a comprare e che si accumulano nello scaffale dei libri non ancora letti e dei DVD non visti in attesa che ti capiti l'omino della libreria che vende il tempo di cui ha parlato su it.cultura.libri una certa Maria Strofa.

HEIMAT, gia' la parola fa un po' paura. Dura 15 ore e fischia, mica una bazzecola. Pero', diversi anni fa, c'era stato Vittorio che diceva: "Ti invidio, tu che non l'hai ancora visto, tu che puoi ancora vederlo per la prima volta". Nientemeno. E quindi come si fa a dire di no ad Antonio che dopo lunghe ricerche e' riuscito finalmente a mettere le mani sulle cassette del fluviale film-sceneggiato di Edgar Reitz (seguito poi, si sa, da un HEIMAT 2 che si aggira sulle 26 ore -e, qualcuno puo' confermare o smentire, che forse conoscera' prossimamente un HEIMAT 3 per vedere il quale bisognera' davvero stanziare le ferie di un anno) e che propone di cominciare una visione scadenzata e periodica dell'intera saga? Le montagne si scalano un metro alla volta. E allora ecco che un venerdi' 7 dicembre, alla fine della quinta giornata faticosa della settimana, ci si trova in tre a casa sua (in realta' in quattro: Antonio, Barbara, il sottoscritto e Fidel -l'unico che ha la coda) con il cofanetto incellofanato che sta li' come il K2 e il videoregistratore che trema.

L'unico che ha gia' assaggiato qualcosa di cio' che ci aspetta e' Antonio, che ha visto chissa' quando un episodio di HEIMAT 1 e uno di HEIMAT 2. Si comincia col passo incerto e un po' incosciente di chi sa di stare entrando in una sorta di tunnel che potrebbe durare chissa' quanto. Appare la scritta HEIMAT, a caratteri cubitali sullo schermo, e il viaggio incomincia.

Il primo episodio parte subito dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, col ritorno a casa di un personaggio di nome Paul Simon (Garfunkel non c'entra affatto: si pronuncia Pa-ul, non Po-l). Tutto il film si svolge a Schabbach, villaggio rurale che apprendero' in seguito essere immaginario ma che si trova nella zona natale del regista. Si nota un occhio molto interessato alla ricostruzione storica della vita quotidiana: l'epoca e' raccontata con una semplicita' che a ben vedere e' solo apparente, ma l'effetto e' quello di sbirciare scene di vita quotidiana attraverso un qualche tipo di macchina del tempo. C'e' un senso di voyeuristico che di rado il cinema comunica: forse perche' la narrazione e' mooolto lasca, e procede per flash senza stretti nessi causali, senza una necessita' drammatica particolare. I rari episodi che appaiono davvero rilevanti (la scopertura di una statua al milite ignoto, la scoperta di qualcosa che sembra oro in un ruscello vicino al villaggio, la scoperta del cadavere di una donna nuda in un bosco vicino) restano quasi sospesi in un continuo stream of life-ness che ipnotizza senza trascinare e che si ammira con una certa cinica e sardonica freddezza. Si scherzicchia, si fa qualche battuta che manifesta desideri di autodifesa, ma il film procede e si resta a guardarlo -magari sbirciando ogni tanto il timer per sapere quanto manca, ma senza mai pensare di suggerire interruzioni o rinvii.

A volte il sonno fa calare brevemente le palpebre -a tratti lo stile sembra autorizzare questo comportamento per via della lunghezza di qualche inquadratura in campo lungo, ma in altri momenti il montaggio accelera, le inquadrature si fanno piu' audaci. Reitz usa benissimo le quinte, e si direbbe nel complesso piu' a suo agio con le immagini composte come in una fotografia che col movimento di macchina. E l'esperienza ha un che di vagamente onirico, con la visione che si mescola in modo personalissimo all'immaginazione interiore di ciascuno di noi tre spettatori, creando ricordi che non si sa bene quanto siano evanescenti e quanto reali.

Si finisce, ovviamente, abbastanza tardi. Ci si guarda in faccia incerti, indecisi su che opinione avere. Nel complesso si direbbe una faccenda piuttosto noiosa, ma resta la curiosita' di vedere cosa succede, nelle puntate successive... piu' alla Germania che alla famiglia protagonista, che ancora forse dobbiamo imparare a conoscere e amare o detestare. Ci portiamo a casa qualche personaggio: la bella Maria, che ha amoreggiato con Paul ai margini del bosco dove si sarebbe trovato il cadavere, e che poi l'ha sposato. Il borgomastro del villaggio, fanatico delle automobili. Il fratello di Paul, che forse ha trovato l'oro nel ruscello e che ha grossi problemi di salute ai polmoni. E Paul stesso, che alla fine della puntata si allontana verso l'orizzonte per sparire nel nulla, chissa' dove.

E intanto, qualcuno ha cominciato a tirare sassi contro le finestre della casa di un ebreo che vive al piano di sopra di un altro membro della famiglia, orologiaio (dove? Antonio, certamente siamo lontani dal villaggio, ma non siamo di certo a Koblenza -dove andremo nella seconda puntata, ne' a Berlino. Tu ricordi il luogo?). Per poco che ricordi di Storia moderna, dalla prossima settimana le cose dovrebbero cominciare un poco a movimentarsi.

HEIMAT. L'avventura e' cominciata. Qualcuno ha voglia di unirsi alla carovana, per suggerire percorsi che gia' conosce, o per scoprirne insieme?

La risposta di Antonio

1/11 Nostalgia di terre lontane (1919-28) - 119'
2/11 Il centro del mondo (1929-33) - 89'
3/11 Natale come mai fino allora (1935) - 57'
4/11 Via delle alture del Reich (1938) - 58'
5/11 Scappato via e ritornato (1938-39) - 57'
6/11 Fronte interno (1943) - 57'
7/11 L'amore dei soldati (1944) - 58'
8/11 L'americano (1945-47) - 103'
9/11 Hermannchen (1955-56) - 138'
10/11 Gli anni ruggenti (1967-69) - 82'
11/11 La festa dei vivi e dei morti (1982) - 82'

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Tutti i testi © Alberto Farina