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Il quaderno di stupidaggini di Berto e Peppe

NOTA: PER ORA SONO DISPONIBILI SOLO LE UNGHIEDELPOLLICE... SI', INSOMMA, LE IMMAGINETTE PICCOLE CHE VEDETE SOTTO. PROSSIMAMENTE DI OGNI PAGINA DEL QUADERNO SARA' ONLINE UNA SCANSIONE ACCURATA E INGRANDIBILE. PRENDETELA COME UNA MINACCIA, NON COME UNA PROMESSA

Il quaderno non è ancora nemmeno cominciato, ma già la discussione dilaga, con un esempio (nella pagina di sinistra) di quello che su it.discussioni.litigi chiamano interlace e che consiste nel completare la frase dell'interlocutore in modo da modificarne il senso.

L'idea era che le discussioni fossero comprensibili anche a un lettore successivo che non avesse partecipato e che fosse all'oscuro del contesto. Per questo ci parevano necessarie alcune regole che permettessero innanzitutto di attribuire correttamente ciascun intervento al suo autore, e poi di ricostruire la sequenza cronologica del thread senza mescolare l'ordine: da qui l'imposizione di riquadri (che impedissero l'aggiunta di testo una volta chiuso l'intervento), di firme-monogramma e di frecce. Norme sanzionate da una serie di ulteriori sovraregole debitamente idiote...

...e applicate alla lettera, come si vede dal dibattito che nasce dalla mancata accettazione da parte di Peppe di una norma ulteriore incautamente scritta oltre il limite franco della inviolabile costituzione del quaderno. A destra, una discussione che parte da una provocazione tipicamente puerile e finisce poi per mettere seriamente in crisi il sistema delle frecce. (Per capirci qualcosa, seguire le frecce in inchiostro verde - l'unico colore che Peppe non fosse in grado di falsificare).

In queste pagine nasce la prima, storica, Ratio, denominazione peppica che segnalava le discussioni che raggiungevano un livello di complicazione e di impegno fuori dal comune. In questa, ad esempio, le botte e risposte cominciano ad essere articolate in paragrafi e poi addirittura in capitoli, punti e sottopunti, ai quali ci si aspetta che l'avversario non si astenga dal ribattere. Ovviamente, questo è solo l'inizio: l'aumento esponenziale delle elucubrazioni porta nelle pagine successive a interventi che esorbitano addirittura la facciata completa.

A sinistra, una provocatio finalizzata a tentare di coinvolgere nelle nostre perdite di tempo il mio compagno di banco, che tentava con sforzi sovrumani di fare attenzione alle lezioni. La sua ammissione di inferiorità esprime in realtà l'ultimo disperato sforzo di scrollarsi di dosso l'insistenza dei suoi cattivi compagni. A destra, l'ennesimo sforzo di ordinamento: un glossario per ricollegare i vari monogrammi/simboli agli autori da essi rappresentati.

In classe eravamo 28, di cui 20 ragazze, tutte più grandi di noi e di conseguenza, a quella età, totalmente irraggiungibili. Forse anche per questo ci accanivamo a individuare anche il più remoto accenno di peluria facciale allo scopo di provocare una reazione - che ovviamente fosse la partecipazione di qualcuna di loro almeno al quaderno delle stupidaggini. Qui la premessa viene però presto abbandonata per una discussione tutta fra aficionados.

Come ormai si sarà capito, era essenziale esprimersi con una certa proprietà di linguaggio per evitare di offrire agli avversari appigli per la disfida. Per questo il messaggio con cui Sabina dichiarava che d'ora in poi si sarebbe chiamata Porpina era particolarmente vulnerabile, al punto da muovere Peppe a pietà.

Da un'opinione positiva di Sabina su Giuseppe, due thread diversi, uno dei quali si concluderà nella pagina seguente. Nessuno dei due, a dire il vero, è particolarmente interessante, ma la pagina sta qui per amore di completezza.

Il cubo di Rubik andava ancora parecchio di moda all'epoca, anche se da tempo circolavano i manuali che insegnavano a risolverlo. Da un semplice disegno nasce una discussione abbastanza fiacca che si traduce nella pagina in un accanirsi gratuito di Berto e Peppe contro il buon Giovanni. A sinistra, invece, a riempire una pagina, uno dei tanti concorsi che permettevano di accumulare inutili punti premio da convertire in una crostatina.

Ecco come l'intervento di Giovanni nella pagina precedente si trasforma in boomerang. A destra, un'articolata (e molto seria) prima risposta di Giuseppe alle mie insinuazioni sull'identità fra lui e Stefano.

Un classico gioco di labirinto manipolato da qualcuno, e un dialogo che si sviluppa - eccezionalmente - al di fuori dei tradizionali riquadri. A destra, una lettera di Giuseppe a mia madre...

...che prosegue nella pagina seguente. Ed è seguita da una mia replica destinata alla madre di Giuseppe.

Un banale concorso a quiz di argomento cinematografico, e una provocazione ad argomento sessuale che, sorprendentemente, non produce grandissimi riscontri.

Un esempio di una delle molte battaglie berto-giuseppiche disegnate. Si partiva da un disegno (in questo caso la casina schizzata da Peppe al centro della pagina) e a turno ognuno doveva aggiungere un elemento che demolisse quello precedente. Seguire i numeri per ricostruire l'andamento: la casina di Peppe (1) viene divorata dalle mie formiche (2), uccise dal Raid (3), fatto esplodere dall'omino con lanciafiamme (4), colpito dall'indianino (5), suicidatosi dopo un affare con l'omino (6). Quest'ultimo evento è spiegato nella didascalia in basso a sinistra, così come molti degli altri complessi meccanismi letali del resto della pagina. Annoto solo, lungo la strada, le presenze di Stefano (che uccide una "racchiona" attirandola con la promessa di dolciumi gratis per le "ragazze della II A"), di Pieruccio nei panni di uno scienziato con una macchina che aspira i buchi neri, del vecchio della barzelletta che risucchiando uno sputo si beve un'intera piscina di saliva, e infine persino del Santo Padre (22).

Ecco un caso di discussione minima - addirittura l'esempio "Giuseppe è scemo?" utilizzato nelle regole di pagina 1 - che comincia pian piano a lievitare con l'intervento di altri interlocutori, arrivando a esplodere in una terza Ratio a partire da pagina 67.

La discussione sulla mia tesi che Peppe e Stefano siano la stessa persona fisica prosegue con un mio tentativo quasi disperato - e dialetticamente privo di alcun mordente, riconosco - di portarla avanti. Giuseppe, tuttavia, rifiuta di abboccare, manifestando un assoluto disinteresse per questa particolare iniziativa, come sarà evidente nel prosieguo del thread. Sulla pagina di destra, un fumetto con rime baciate (alla Corriere dei Piccoli) sulle avventure di Valerio, con strisce chiuse alla fine da medaglioni con caricature di alcuni compagni. Il tormentone di Valerio (che aveva l'abitudine di dirti a bruciapelo parole insensate come stillaé per poi rispondere in modo beffardo quando gli si chiedeva di ripetere) è assolutamente fedele alla realtà di allora (così come il classico succhio dalle moto, lo scherzo dell'accendino sotto i jeans, le miccette lanciate sul miopissimo e bellicoso bidello "Gino" e il tradizionale tuffo in lavandini colmi d'acqua (regolarmente in quattro contro uno, ma ne valeva la pena). Checché sostengano a fondo pagina Giovanni e Giuseppe, i testi erano miei - e basta leggerne la metrica variabile e le improponibili licenze poetiche per capire che sono ben lungi dal volermene vantare.

Infuria la storica Prima Ratio. E' la storia nel suo farsi, quella che state leggendo. O che state per leggere. O che, se siete e volete restare sani di mente, a questo punto eviterete accuratamente di leggere.

Ovviamente è il caso di notare le mie note e le contro-note, cui seguiranno le contro-contro-note e le anti-contro-contro-note. Oh, io vi avevo avvertiti.

La Prima Ratio (ancora non battezzata tale!) sembra cominciare ad esaurirsi via via che i punti di discussione vengono esauriti da un accordo fra le parti - presunto o reale che sia. Mettendo a confronto le conclusioni di Giuseppe e mia, ammetto che la frase giuseppica mi sarebbe piaciuto credere che "tutto serve a qualcosa! anche il più umile granello [ma] non ci riesco mi sembra impregnata di una saggezza profonda.

Come auspicato, le successive risposte diventano via via meno chilometriche e complesse e la discussione si avvia alla conclusione - di fatto, come si vedrà con un riconoscimento reciproco di ottusità ma anche di inutile pazienza.

Conclusione finale, in cui si sancisce definitivamente la denominazione di Ratio per le "annose questioni" e si esprime soddisfazione per la crescita che questa discussione ha apportato alla "CC" (cultura cretina) dei partecipanti. A destra, un indice delle opere effettivamente citate, qua e là nel quaderno, dai diversi interlocutori per sostenere con testi autorevoli le proprie posizioni. La cultura cretina potrebbe giovarsi di un'analisi degli editori che ciascun autore sceglieva come propri - ma dato il già notevole raccolto sembrerebbe di voler strafare.

Seconda pagina, semivuota, della bibliografia cretina. E l'avvio di una nuova discussione di argomento letterario/interpretativo, proposta da Giovanni con una citazione di Dryden riportata da Graham Greene. Sia io che Giuseppe equivochiamo clamorosamente, attribuendo il brano a Greene stesso (è evidente che nessuno dei due aveva mai sentito nominare Dryden in precedenza) - anche se Peppe, dopo aver mascherato l'errore con una vistosa correzione di "Greene" in "Dryden", avrà buon gioco a farmi a pezzi nelle pagine seguenti.

Un primo scambio sull'argomento Dryden/Greene, che rinvia a pagina 54. A destra, una brevissima discussione sulla censura che nasce dalla rimozione da parte mia di una agghiacciante "pagina erotica" creata da Valerio con immagini descrivibili solo attraverso un garbato - e molto complesso - giro di parole.

Per avviare la seconda Ratio, Giuseppe unisce ben due argomenti succosi: la questione dei baffi (maschili e femminili) e la questione della "erre", che io pronuncio da sempre alla francese (lui diceva "moscia"). Sono particolarmente orgoglioso dell'idiozia della Tavola 2.1.1, che costituisce la mia linea di difesa.

La Seconda Ratio prosegue abbandonando la questione delle "erre" per concentrarsi su quella dei baffi. Tuttavia, nonostante l'audacia di entrambi si spinga fino a indicare le lettere iniziali e finali dei cognomi delle ragazze prese di mira, nessuna di esse parteciperà alla discussione. Probabilmente le poche che hanno avuto in mano il quaderno, semplicemente, si sono stufate di leggere molto prima.

Conclusione della Ratio dei baffi con l'aggiunta di altre due lettere a quelle indicate da Giuseppe - in due casi arrivando ai quattro quinti del cognome delle malcapitate. A destra, tre righe di Giovanni producono una serie di vignette a cui collaborano, una volta tanto, ben tre disegnatori diversi.

Una bizzarra lettera di Valerio che implora Giuseppe di fargli da avvocato (e ne ottiene una riposta da avvocato). Nella pagina di destra, fra l'altro, una delle prime incarnazioni dell'autoritratto "Berto" (qui ancora "Dio Berto"), con orecchie a sventola e capelli corti che nella sua versione definitiva campeggia (in alto a destra) in tutte le pagine di questo sito.

Conclusione della diatriba pseudoletteraria su Greene, Dryden e la psichiatria e pagina dei ritratti (con un più unico che raro intervento di Andrea, che ritrae Peppe come un papero).

Un timbro di strega commentato da Giuseppe, una prova della sua megalomania e, a destra, uno strascico legale che segue alla mia censura della pornografia valeriana.

Una ben modesta pagina dell'orrore e la partenza di una discussione di sublime idiozia che diventa ben presto un gioco di esercizi di stile non proprio alla Queneau...

...che si conclude qui con la scoperta che i due contendenti seguivano sostanzialmente regole diverse. A destra, un'esca a cui non ha abboccato nessuno.

Il timbro dell'ippopotamino mi era stato regalato alle medie dal mio carissimo compagno di banco Filippo (naturalista, disegnatore bravissimo, fumettaro pieno di fantasia e perfino autore di un ingegnoso gioco di carte battezzato "La piramide ecologica", di cui aveva disegnato varie versioni sempre più belle e curate; sarebbe morto prematuramente cadendo con la sua moto durante un viaggio). Da questa pila di ippopotami, un thread inquisitorio che finirà in un delirio di abbreviazioni (destinate ad aggiungersi alla tabella apposita inserita nella pagina accanto).

Chiusura (in calando) della discussione sull'identità fra Giuseppe e Stefano...

...e apertura (dopo due o tre illusioni ottiche da me scopiazzate da chissà che libro e altre meno suggestive figure disegnate da Peppe) di una Terza Ratio che sviluppa la questione del relativismo/opportunismo avviata da Giuseppe dopo i risultati (per lui) deludenti di un sondaggio sulla sua persona.

A sinistra un fumetto di Valerio sul sottoscritto in versione "critico cinematografico". A destra un delirio nazista dello stesso autore e un rebus la cui soluzione cela (poco) uno scortese invito per Giuseppe, ma che lui deve risolvere per guadagnare i punti per la famosa e ambitissima crostatina.

Prosegue nel delirio definitorio la disquisizione sulle differenze fra relativismo e opportunismo...

...finché la Terza Ratio trova una sua conclusione che, una volta tanto, trova d'accordo entrambi i contendenti.

La discussione sugli ippopotami prende una piega clinica e si conclude abbastanza rapidamente con la consultazione parallela del dizionario Palazzi da una parte e dell'enciclopedia Treccani dall'altra - senza addivenire a un comune sentire, comunque.

L'esperienza di libri e riviste corrosi e irreversibilmente macchiati, negli anni, dalla colla dello scotch con cui qualcuno aveva cercato di restaurare uno strappo mi aveva fatto inserire nelle regole iniziali il divieto di usare nastro adesivo sul quaderno. Una regola che Giuseppe aveva deciso di infrangere (forse per provare dello scotch speciale) ma a cui io non accettavo di derogare. La reazione finale di Giuseppe è stata, come si vede, violenta.

Il gioco del museo era una sorta di duello grafico senza la necessità di demolire i disegni degli altri. Poteva andare meglio, ma qualcosina di divertente ci era stata disegnata. Da notare l'opera monogrammatica "Genio del mondo" con cui Giuseppe rispondeva alla mia più semplice "Genio" di A.F..

Pagina malamente copiata dalla quarta di copertina di un libro dell'americana Mad Magazine, a cui ero abbonato dal 1981 e che era una mia passione. Ne conservo ancora molte copie ma la collezione ha parecchi buchi: anzi, se a qualcuno ne cresce qualcuna dagli anni Settanta all'indietro, mi scriva che magari possiamo fare qualche proficuo scambio. Mi interessa solo l'edizione americana: non quella inglese, nè tampoco quella italiana.

Siamo quasi alla fine del quaderno e queste pagine sono visibilmente stanche. Ci si avviava, fra l'altro, verso la fine dell'anno scolastico e con la bella stagione si preferiva altro genere di attività - magari proprio i gavettoni o i tuffi nei lavandini di cui si è detto qualche pagina fa. Per gli scacchisti, comunque, un problema affascinante da risolvere (in cambio dei soliti punti-crostatina).

Un giochino inventato da Peppe: indovinare cosa rappresentasse il disegno presentato al centro della pagina. Mi pare di ricordare che fosse una scopiazzatura di un analogo quiz mio che appare due pagine dopo, ma temo di non avere le prove. Nella pagina di destra, i vari ed elaboratissimi punti-crostatina conquistati da Peppe con i vari concorsi (e anche un tentativo smaccato di falsificazione).

Il giochino presentato in questa pagina è ormai incomprensibile alle nuove generazioni, eccettuati i numismatici. Ma tutti i lettori più attempati ricorderanno i famigerati gettoni telefonici, che da ragazzini spesso rimediavamo facilmente dai telefoni pubblici (grazie a utenti distratti o frettolosi) e che ogni tanto aumentavano di valore consentendo piccole speculazioni a chi ne faceva incetta in tempo. Solo ora mi viene in mente quanto può averci lucrato all'epoca chi questo aumento aveva il potere di deliberarlo.

Fra Peppe e Berto meglio non mettere il dito. A una discussione sui numeri, che parte dal fatto che per motivi che non ricordo avevo introdotto una discontinuità nella numerazione delle pagine, Stefano contribuisce con un intervento di dubbia decifrabilità che scatena l'ira di Giuseppe. Viene fuori un argomento che era stato en passant trattato dalla Voltaggio in chissà che contesto e che aveva colpito la nostra immaginazione: la nevrosi da scacco...

...nel difendersi, Stefano ricorre a una variazione del classico specchietto, e Giuseppe non giudica l'argomentazione degna di ulteriore approfondimento. Da notare, in basso, lo sgalfo sgorbio riempipagina, vergato da me e da Peppe arricchito con analogo tratto.

Pagina curiosamente ricca per essere a fine quaderno, con una galleria di mezzi di locomozione bertopeppici fra cui prediligo il Pedacalcipeppo III. A destra, un'esca cui Peppe non abbocca - per fortuna, perché avrebbe significato insultare una persona che già troppe volte avevamo sbertulato con cattiveria davvero degna di miglior causa.

Sarebbe stato più saggio da parte mia evitare di pubblicare questa discussione, che rivela la miopia critica e i pregiudizi con cui all'epoca vedevo il cinema italiano. La provocazione di Giuseppe era decisamente più fondata della mia posizione di rifiuto aprioristico di fantozzate e del fenomeno dei nuovi comici, e avrebbe meritato risposte e distinguo ben più approfonditi...

...ma non si può tornare indietro nel tempo. La discussione muore senza grandi sviluppi, ed è un peccato. O forse no. Riposi in pace, comunque. Va detto che pochi anni dopo, intervistandolo a Venezia, Villaggio ammetterà senza problemi di aver gestito per anni la sua carriera a fini prevalentemente alimentari. E, tutto sommato, come dargli torto?

Le note di fine quaderno, arricchite da alcuni cartelli autoincensatori di Giuseppe. I bollini apposti su ciascuno sono di Stefano, che li classifica ai fini di una sua valutazione di Giuseppe peraltro mai approfondita scientific-cretin-amente. Alla moscia battuta che Giuseppe sarebbe un fiammifero perché l'ho fregato diverse volte nella pagina (aggiungendo, come da artt. 3 e 4 delle Regole del quaderno, cornici con pizzetto e firme coi cornetti ai suoi interventi) segue un tentativo di insultare Luisa, sempre sperando di farla partecipare. Niente da fare: lei lavorava solo sui diari.

Vendetta di Giuseppe, che a sua volta aggiunge pizzi e corna alle note di biasimo con cui, tentando una sorta di rudimentale interlace, modificavo altre sue prove di egocentrismo. In alto, la spiegazione delle "R" stefaniche (e mi piace notare l'excusatio "il timbro non ha bisogno di firma").

E va beh, questa pagina davvero non ha più nulla di interessante. La copertina del Quaderno delle stupidaggini non interesserà nemmeno ai lettori più pazienti e propensi alla filologia. Ma mi stupirebbe se al resto del quaderno arridesse maggiore attenzione. Signò, sono du chili e due, che faccio, lascio? Non costa niente, ma sì, lascio.

Tornate indietro.

 

Tutti i testi © Alberto Farina - Consulenza editoriale: Chiara Strekelj - Creazione sito: Flavia Farina