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INTERVISTA CON WES CRAVEN

In conferenza stampa lei ha detto di sentire, come artista dell'horror, una precisa responsabilità nei confronti del suo pubblico: di sentire cioè il dovere di non superare il confine oltre il quale il film si limita a solleticare gli istinti più negativi dello spettatore. Quali sono i suoi criteri per individuare la linea di demarcazione?

La distinzione è estremamente sottile, soprattutto nel campo del'arte: non esistono testi scritti. In sostanza devi ascoltare una tua voce interna, chiederti spesso se non stai indulgendo all'exploitation. In ogni persona c'è una componente più bassa ed una più alta. La prima si può sfruttare a fini commerciali ma, se si vuole essere onesti nell'espressione di se stessi, credo che ci si debba sforzare di restare in quella più alta. Poi, se in tutta onestà uno riesce ad esprimere solo rabbia, voglia di torturare donne o i propri genitori... credo che dovrebbe indagare su se stesso prima che sul suo film!

A cinquant'anni suonati, mi sforzo di riflettere su ciò che il mio pubblico prova guardando questi film, preoccupandomi soprattutto dei più giovani. Così ho cominciato ad inserire nei miei film qualsiasi aspetto della mia esperienza che penso possa essere loro utile; ho accentuato lo humor e mi sforzo di dire la verità. Quando non si hanno più vent'anni ci si rende conto di un sacco di cose: in particolare il modo in cui le donne sono state trattate nella storia dell'horror. Il personaggio femminile classico è sempre stato, nella migliore delle ipotesi, quello della vittima succube; come Fay Wray in King Kong, sdraiata e impotente in attesa dell'uomo che la salvi. Senza contare le decine di donne torturate o sottoposte ad umiliazioni... Le cose in realtà non sono così, e sarebbe ora di capirlo.

Credo che aver avuto una figlia mi abbia fatto capire molte cose. Se voglio poterla guardare negli occhi e dirle che le voglio bene e la rispetto, è necessario che i miei film riflettano questo atteggiamento. Non posso fornirle come modello una figura femminile che viene solo sbattuta in un letto e violentata, o divorata. E credo che nei miei film si possa avvertire questa evoluzione: in L'ultima casa a sinistra le donne venivano umiliate in ogni modo, mentre in Nightmare Nancy è l'unica che ha il coraggio di vedere la verità.

A proposito di L'ultima casa a sinistra, l'enfasi sul tema della vendetta privata lo fece a suo tempo bollare come fascista. Come lo giudica oggi?

E' un film estremamente negativo, ma è stato fatto mentre la guerra in Vietnam era al culmine ed in effetti eravamo in molti a sentirci assai negativi. Però se si va a guardare l'immagine finale di quel film, si vedono due persone di classe media che hanno avuto la loro vendetta e, invece di mostrare un'esaltazione alla Rambo, appaiono completamente sotto shock: coperti di sangue, in una casa distrutta, traumatizzati dalla consapevolezza di ciò che hanno fatto. La figlia è morta... non c'è nessuna gloria. Il senso del film era che la vendetta è inutile; può solo trasformarti in una bestia simile a quella che hai ucciso.

E' vero che l'ispirazione per i suoi film nasce molto spesso dalla lettura dei quotidiani?

Spesso, non sempre. Leggo molto, vedo un sacco di film, viaggio spesso, finché qualcosa mi colpisce. Per Le colline hanno gli occhi ero in cerca di un'idea; così andai alla Biblioteca Pubblica di New York e mi misi a spulciare nel settore forense. Trovai un libro, l'"Enciclopedia dell'omicidio e delle lesioni": un titolo abbastanza buffo, ma era un catalogo interessantissimo di celebri casi criminali. Lì trovai la storia della famiglia cannibale di Shawney Bean; per farne un soggetto bastava aggiornarla.

Altre volte non c'è bisogno di cercare: l'idea mi salta addosso dalla notizia di un giornale, come per La casa nera (era stata trovata una famiglia che teneva dei bambini segregati in casa) o per Nightmare (una serie di adolescenti erano morti nel sonno). I film horror affrontano argomenti tabù, raccontano fatti veri ma che tendiamo a voler rimuovere, fingendo che il problema non esista... Poi succede come con la rivolta di Los Angeles: il marcio che si è voluto ignorare esplode all'improvviso. La funzione più nobile dell'horror è di metterci di fronte alla realtà più sgradevole.

Poi naturalmente c'è la funzione peggiore, quella del mero sfruttamento della paura, il solleticare gli istinti peggiori senza offrire alcun contributo positivo... Tempo fa affermavo con sicurezza l'assoluta libertà dell'artista a dire qualsiasi cosa senza che nessuno abbia diritto di fermarlo... Oggi ho capito che sbagliavo: la realtà non funziona così. C'è una specie di contratto sociale... Se la verità ti impone di abbattere tutti i muri della città, allora devi farlo; ma distruggere è facile, mentre in molti casi si deve saper costruire.

Come mai il piccolo protagonista di La casa nera prende il nome dal "Matto" dei Tarocchi? [Nella versione italiana del film, però, "Fool" è tradotto come "Grullo"]

Mi hanno regalato un mazzo di Tarocchi. Sulla carta del Matto mi aspettavo di vedere una faccia da scemo, invece v'è raffigurato uno splendido giovane con uno zaino che cammina verso un precipizio. E' il simbolo perfetto di noi tutti quando stiamo iniziando il nostro cammino nella vita: siamo giovani e innocenti, ma sempre sull'orlo del precipizio, pronti a commettere errori stupidi che potrebbero esserci fatali, e possiamo solo sperare di riuscire ad evitare il precipizio all'ultimo istante. Alla fine del film c'era una scena che ho tagliato -sia per brevità, sia perché spiegava troppo- in cui il nonno di Grullo gli diceva: Tuo padre ti chiamò Pointdexter in omaggio ad uno zio a cui doveva dei soldi, ma il tuo vero nome è King, in omaggio a Martin Luther King. Il senso era che il ragazzino aveva compiuto il passaggio dal Matto al Re, il passaggio cioè dall'infanzia alla maturità.

Un dettaglio che mi sta molto a cuore è il fatto che Grullo, bambino di colore, invece di scappare torni indietro a salvare la bambina bianca. La cooperazione tra bianchi e neri negli Stati Uniti è vitale per la sopravvivenza del Paese. C'è bisogno di molta saggezza da parte di tutti, anche e soprattutto di chi ha tutti i motivi per voler bruciare tutto... Altrimenti il varco si aprirà sempre di più e sarà la fine di tutti...

...Ecco un altro aspetto che adoro dell'horror: ci puoi mettere dentro tutte queste cose e ancora avere una storia semplicissima, una favola su due bambini che cercano di fuggire dalla casa dell'orco.

La casa nera capovolge il punto di vista di Zombi di Romero. Là i morti viventi che assediavano il gigantesco supermarket erano il nemico, il male da arginare per far sopravvivere la società. Qui invece sono i cattivi ad essere assediati: il male è chiuso nella casa, nei tesori leggendari accumulati dai suoi due occupanti. E tuttavia entrambi i film si concludono con la vittoria delle forze esterne...

Beh, non è una coincidenza che la "casa nera" appartenga a due impresari di pompe funebri. Il luogo trasuda morte e per trovare la vita i bambini devono uscire, e liberare il benessere che vi è sepolta dentro... (ride) Suona molto socialista! Ma il senso è questo, non si tratta solo di rompere una finestra e fregare qualche soldo. A Los Angeles è successo qualcosa del genere: la gente sfondava le vetrine per rubare le cose più ridicole. C'erano persone che rischiavano una pallottola per impadronirsi di un pacco di Kleenex! Era un atto simbolico, che però si ritorceva sui negozi dei loro stessi quartieri... Ma a quel punto non c'era più nessuna logica.

Nel finale di La casa nera tutte le comparse sono autentici abitanti del quartiere depresso dove abbiamo girato gli esterni del film. Per i giorni necessari alle riprese sono stati pagati per fare le stesse cose che fanno abitualmente trecentosessantacinque giorni l'anno. Dopo i fatti di Los Angeles la pioggia di dollari che chiude il film ha acquistato una connotazione ironica: il governo infatti ha deliberato di spendere un miliardo di dollari su Los Angeles... Una bella pioggia di soldi e il problema viene accantonato. E' già accaduto venti anni fa, dopo le rivolte di Watts.

Ci può anticipare qualcosa sul remake del Villaggio dei dannati ?

Forse riusciremo a farlo, ma per adesso stiamo ancora cercando il finanziamento. Tutto quello che posso dire è che si basa su una sceneggiatura nuova, in cui la protagonista è una donna, e che rispetto alla versione precedente ci sono parecchie altre novità. Una delle madri tenta di insegnare due cose a suo figlio: una è suonare il piano, e lui riesce a farlo in maniera molto tecnica, l'altra è raccontare una barzelletta. Il bambino non ci riesce. A un certo punto, diciamo nel "terzo atto" dello script, il bambino riesce finalmente a raccontare una barzelletta, e la madre capisce che forse -anche se è estremamente più evoluto- sta diventando un essere umano. E' un'idea brillante che apre alla storia tutta una serie di nuovi orizzonti...

Nell'attesa di montare questo progetto sto scrivendo la sceneggiatura di Shades of grey. E' basato su un romanzo di un professore di psicologia dell'Accademia militare di Westpoint, ed è una sorta di thriller psicologico sull'apparizione di un fantasma nell'Accademia.

E cosa c'è di vero nella possibilità che Freddy Krueger ritorni in un Nightmare 7 diretto da lei?

Il mio primo contratto con la New Line, la casa produttice della serie, mi escludeva da qualunque diritto su nuovi episodi o sul merchandising; ma l'atteggiamento della New Line, al momento della stipulazione dell'accordo, mi aveva fatto un'altra impressione. Per questo non ho partecipato a Nightmare 2: non mi sembrava di essere stato trattato come il socio che mi illudevo di essere. Su Nightmare 3 ho rafforzato il concetto del gruppo di ragazzi che hanno una maggior forza uniti di quanta non ne abbiano individualmente, quindi con Bruce Wagner (oggi divenuto romanziere) ho scritto le prime tre versioni della sceneggiatura. Poi il film è stato riscritto senza di me e la sceneggiatura è stata accreditata ad altri, così anche quel contatto con la New Line non mi lasciò una buona impressione, rafforzandomi nella convinzione che non si potesse fare affari con quella gente.

Più recentemente Bob Shaye [proprietario della New Line] mi ha invitato a parlare con lui, si è scusato e a quanto pare non era al corrente di ciò che stava accadendo. E mi ha detto di pensare all'ipotesi di fare un Nightmare 7. Eh... beh, ci sto pensando... Non c'è nulla di ufficiale e ci potrebbero essere mille ostacoli. Ma diciamo che se ne parla.

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Tutti i testi © Alberto Farina - Consulenza editoriale: Chiara Strekelj - Creazione sito: Flavia Farina