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TEMPO DI INTERNET

L'Enciclopedia Britannica
(l'Orologio - giugno 2001)

Fondata nel 1768, l'Enciclopedia Britannica è una di quelle pubblicazioni di importanza proverbiale, di autorevolezza assoluta e di accessibilità difficile per il prezzo e per la mole imponente. Ormai da tempo lo sterminato materiale concentrato -si fa per dire- in trentadue ponderosi volumi è accessibile sulla rete, a condizioni che continuano a cambiare. E' di qualche mese fa l'annuncio di una riduzione del 31% nel personale che nella sede di Chicago si occupa della versione online dell'antica enciclopedia -una notizia che si inquadra in un drastico mutamento di strategia che mira a privilegiare i servizi a pagamento.

Il problema nasce da rallentamento generalizzato del mercato pubblicitario online: dopo un periodo di ubriacatura da web in cui tutti erano convinti che i banner pubblicitari sarebbero diventati un pozzo senza fondo di denaro, ci si è resi conto che questo modello di sviluppo non era sostenibile. Se aggiungiamo che la popolarità del sito Britannica.com ha subito verso la fine del 2000 un serio calo di popolarità, passando dal 98mo al 159mo posto nella classifica dei siti più visitati degli Stati Uniti, è facile capire perché l'Enciclopedia abbia deciso di tentare strade nuove, scegliendo forme di accesso diversificate ai propri contenuti.

Speriamo bene: perché se è vero che nella velocissima giungla di Internet i pachidermi stentano ad adeguarsi al cambiamento continuo delle regole, le pagine online della Britannica rigurgitano di materiali preziosi e in gran parte ancora accessibili gratuitamente. Andando a cliccare sull'indirizzo www.britannica.com/clockworks/main.html si entra in "Clockworks: From Sundials to the Atomic Second", una sommaria ma esauriente cavalcata attraverso circa trentamila anni di storia della misurazione del tempo. L'articolo introduttivo (in lingua inglese, come del resto tutto il sito) prende le mosse dalla misurazione delle fasi lunari da parte dei nostri antenati Cro-Magnon, rende agli antichi egizi il merito di avere per primi stabilito un anno di circa 365 giorni e ad Ipparco quello di aver saputo quantificare quel 'circa' indicando una durata di 365,242 giorni (scoperta rimasta disapplicata per 1600 anni, fino al 1582, quando Gregorio XIII riformò il calendario eliminando per decreto pontificio i dieci giorni di ritardo che il mondo aveva accumulato), ci ricorda che il calcolo accurato dei minuti risale ad appena 400 anni fa, racconta la nascita -50 anni fa- degli orologi atomici e arriva fino al 1967, anno in cui la definizione di secondo viene ufficialmente svincolata da qualsiasi legame con la rotazione terrestre o con altri corpi celesti.

Scandito da citazioni azzeccate che vanno da Shakespeare a Sant'Agostino, da Tennessee Williams a Kahlil Gibran, l'articolo ha il merito di bilanciare il rigore storico con un salutare distacco filosofico. Come precisa Albert Einstein, "Spazio e tempo sono una modalità che utilizziamo per pensare, non condizioni sotto cui viviamo": la verità -così semplice che spesso la dimentichiamo- è che il tempo così come lo conosciamo attraverso orologi e calendari è una pura invenzione, uno strumento inventato dall'uomo, un'utensile mentale.

E' attraverso il filtro di questo sereno distacco che si può apprezzare meglio il pezzo forte del sito, una rassegna illustrata e commentata di tutti i principali congegni escogitati dall'uomo per misurare la sua invenzione più inafferrabile: dalla meridiana all'orologio atomico, passando per la candela graduata, la clessidra e il pendolo, la misurazione del tempo diventa un deposito di giocattoli meravigliosi visualizzati in splendide immagini animate.

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Tutti i testi © Alberto Farina