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L'orologio della torre
(l'Orologio - marzo 2003)

Repetita juvant: i siti a maggiore densità informativa sono quasi sempre quelli semplici, non appesantiti da animazioni fini a se stesse, musichette o frivolezze varie , facili da navigare senza essere appassionati del gioco "Aguzzate la vista" e ricchi soprattutto di testo. Un caso esemplare è quello del sito dei musei civici di Venezia, di cui qui ci interessa esplorare l'area riservata all'orologio della Torre dei Mori (http://www.comune.venezia.it/museicivici/HTML/it/orologio/): a più di cinquecento anni dalla costruzione (accolta subito con grande favore dal pubblico, se dobbiamo giudicare da questa opinione d'epoca: "l'orologio ch'è su la piaza, sopra la strada va in Marzaria, fato cum gran inzegno, e belissimo") il monumento è ancora oggi una delle mete più celebri del turismo veneziano, e deve gran parte della sua popolarità ai due automi in bronzo che battono le ore prendendo a martellate una campana.

I due giganti non nascono subito come Mori, ma ricevono questa attribuzione razziale a furor di popolo per via del colore della patina del metallo. A realizzarli nel 1497 è il fonditore Ambrogio delle Ancore, su disegno di uno scultore la cui identità è rimasta oggetto di ipotesi diverse, da Paolo Savin ad Alessandro Leopardi ad Antonio Rizzo. Impossibile sapere con precisione a chi attribuire il merito della loro sagoma, esagerata a bella posta per renderli facilmente leggibili anche da lontano. Sappiamo invece che la campana fu opera di tal Simeone, che ebbe l'accortezza di lasciare la sua firma nel bronzo: sovrastata da una sfera dorata e da una croce, la campana e i suoi bronzei tormentatori si trova oggi circa un metro più in alto rispetto alla sua posizione originaria, in seguito ai lavori tenuti a metà Ottocento per rifare la copertura della Torre.

A tempi più recenti risale il meccanismo che permette all'orologio di funzionare, opera di Bartolomeo Ferracina (1753-57) che modificò in modo radicale quello concepito a fine Quattrocento da G. Carlo Rainieri: lo scappamento originario con bilanciere a verga, o a foliot, venne sostituito da un sistema alternativo regolato da un pendolo. Il motore dell'intero sistema è un insieme di ingranaggi posti in una struttura metallica a croce situata al centro della Torre. Il sito illustra nel dettaglio ciascuna parte (o treno) con nomi suggestivi come "Treno del tempo" (quello che regola il movimento delle lancette e la rotazione dei dischi astronomico-zodiacali) o più prosaici (il "Treno sovrapposto al corpo centrale", che muove i due tamburi dei numeri automatici). L'energia viene da un meccanismo di pesi che vanno periodicamente riportati in alto e che funzionano ancora oggi perfettamente.

Meglio rinviare alle immagini del sito per la bellezza e la complessità dei due quadranti della torre (quello rivolto a piazza San Marco, subì pesanti modifiche nel Settecento, quando il movimento originario di sei corpi celesti attorno alla terra fu sostituito con uno sviluppo a soli tre settori concentrici che mostrano la posizione del sole rispetto allo zodiaco, le fasi lunari e le ore, indicate da un raggio dello stesso sole) però sarà il caso di spendere due parole su un'innovazione relativamente recente e dolorosa. Nel 1858, per consentire una più immediata lettura dell'ora dalla Piazza, Luigi De Lucia realizza due telai rotanti con i pannelli delle ore e dei minuti - uno con la numerazione progressiva in numeri romani da uno a dodici, l'altro con la numerazione in numeri arabi con cadenza di cinque minuti. I numeri, un tempo illuminati dall'interno dei tamburi, sono ritagliati su lamiere di zinco tinteggiate in blu, ma l'aggiunta di questo elemento ha comportato l'esclusione del meccanismo che a partire dal 1499 permetteva ogni ora la comparsa dei tre Magi e di un angelo munito di tromba che sfilavano in processione davanti alla statua della Madonna con il bambino. Oggi questo evento viene riservato a date particolari come l'Epifania e l'Ascensione: un congegno di sollevamento e arretramento dei tamburi consente in queste occasioni di riportare in bella vista le due porticine decorate con due angeli dorati a sbalzo e la ruota dentata che permette alla processione di svolgersi di nuovo. Riportando in vita per pochi istanti un rito interrotto un secolo e mezzo fa.

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Tutti i testi © Alberto Farina