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TEMPO DI INTERNET

L'ora legale
(l'Orologio - ottobre 2001)

Scrivo queste righe a 10000 metri di altezza, da qualche parte sull'Oceano Atlantico. Sono partito da New York alle nove di sera, arriverò a Londra poco dopo le nove di mattina anche se il volo sarà durato poco più di sei ore. Se al polso ho ancora l'ora di Manhattan, le mappe elettroniche dell'aereo sono già regolate su quella inglese, mentre il computer che sto utilizzando è settato su Roma (e l'orologio biologico cerca di adeguarsi all'intervallo insolitamente breve fra questo tramonto e questa alba).

A una domanda in apparenza semplice come "Che ora è?" verrebbe in questo caso voglia di contrapporre la sottile ambiguità plurale della variante "Che ore sono?", tanto più se si pensa che -ancora per qualche settimana- il tempo che stiamo vivendo nei paesi non equatoriali dell'emisfero nord è ulteriormente distorto dall'adozione della cosiddetta "ora legale". Se il tempo è quasi ovunque una questione di longitudine, il Daylight Saving Time ne svela una volta di più la natura di strumento ben più flessibile di quanto siamo abituati a pensare.

Come si apprende dal sito http://webexhibits.org/daylightsaving, tutto è cominciato con i treni. Per millenni l'uomo aveva misurato il tempo basandosi sul sorgere e il tramontare del sole, ma in questo modo ogni città aveva una sua ora esatta rigorosamente determinata dalla sua meridiana e leggermente diversa da quella delle altre località: una situazione più che sopportabile da tutti salvo che dai responsabili delle ferrovie, tormentati dal rompicapo di dover elaborare orari che restassero coerenti fra le differenti stazioni. Il principio dell'ora standard fu introdotto alla fine del 1840 dalla Great Western Railway e si diffuse rapidamente ben al di là dell'uso ferroviario.

Ci volle quasi un altro secolo perché l'idea di spostare artificialmente gli orologi per risparmiare energia si facesse strada. Anche se la paternità dell'intuizione originale risaliva addirittura a "An Economical Project", un saggio pubblicato nel 1784 da Benjamin Franklin, perché qualcuno avanzasse una proposta seria si dovette arrivare al 1907 e al saggio "Waste of Daylight" del costruttore William Willett (1865-1915): "Tutti apprezzano le serate lunghe e luminose. Tutti ne lamentano il ridursi con l'approssimare dell'autunno; e tutti hanno espresso il rammarico che la luce chiara e forte del primo mattino nei mesi di primavera ed estate sia vista o utilizzata così di rado".

L'uovo di Colombo, ovviamente, era prendere l'abitudine di alzarsi più presto durante l'estate. Cautamente, Willett si limitava a proporre di spostare avanti le lancette di venti minuti nelle quattro domeniche di aprile e arretrarle nella stessa misura nelle quattro domeniche di settembre. L'idea fu ridicolizzata soprattutto da parte degli agricoltori, che preferivano sfruttare la luce del mattino, ma un anno dopo la scomparsa di Willett si decise di applicarla per risparmiare carbone -una iniziativa che si rivelò conveniente al punto da spingere le autorità a raddoppiare durante la seconda Guerra Mondiale: l'ora legale estiva era fissata due ore avanti, e per tutto l'inverno il tempo dell'Inghilterra restava fissato avanti di un'ora.

Da allora il principio si è esteso progressivamente, e con anni di discussioni ed esperimenti di cui il sito dà minuziosamente conto, a circa settanta nazioni diverse. Una tabella copre le varianti nei cinque continenti -inclusa Israele, l'unica nazione che decide anno per anno- e chi abita negli Stati Uniti o nell'Unione Europea ha a disposizione un calcolatore che indica l'ora legale da qui al 2099. Per questo 2001 dovremo ricordarci di rimettere a posto le lancette domenica 28 ottobre, sperando che siano in pochi ad incappare nel gravissimo problema ipotizzato fin dall'inizio del secolo: "Supponiamo che qualche sventurata signora si trovi a dare alla luce due gemelli, e che uno nasca dieci minuti prima [del cambio dell'ora] ...l'ora di nascita dei fratelli ne risulterebbe invertita... Un'alterazione che in quella casata potrebbe avere effetti sulla proprietà e sulla attribuzione dei titoli".

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Tutti i testi © Alberto Farina