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INTERVISTA CON GEORGE A. ROMERO

Può tentare una spiegazione della sua attrazione pressochè esclusiva per il genere horror?

Per me l'horror ha sempre costituito un mezzo per raccontare storie con un sottotesto allegorico: è un buon mezzo per realizzare opere ritenute commerciali senza dover rinunciare a fare della satira od un commento sociale o politico. O anche di trattare argomenti più personali, come in The Dark Half in cui Stephen King ha saputo mettere certe sue considerazioni. E' come il rock and roll: si vende, ma può avere anche qualche significato.

Le capita mai di provare frustrazione quando il pubblico mostra di limitarsi a gradire il sangue e gli squartamenti senza neanche avvertire l'esistenza di un sottotesto?

Soprattutto in America il pubblico è molto diverso da questo... Anche nelle conferenze stampa che mi capita di fare a nessuno importa nulla di sottotesti ma mi chiedono cose come che tipo di cravatte preferisce Timothy Hutton, o cosa mangia a colazione. Ed il pubblico vede il film per lo più come una celebrazione, od un rito; assistere allo spettacolo di mezzanotte di La notte dei morti viventi o Rocky Horror Picture Show, davvero, è quasi come andare a Messa: recitano le battute in sincrono con lo schermo e c'è un fortissimo senso del gruppo che si riunisce per celebrare un rituale. Degli eventuali altri livelli di lettura non sembrano affatto preoccuparsi... Non direi che la cosa mi dia fastidio: certo è strano il modo in cui la gente fruisce di uno stesso film... E' come per l'alcool: c'è chi tracanna e si sbronza e chi preferisce assaporare il gusto. Si vede un film per molti motivi, ed uno di questi può essere il desiderio di fare una corsa sull'ottovolante.

Quali sono i motivi che hanno deciso la scelta di "The Dark Half"?

Beh, prima di tutto va detto che non ho avuto la possibilità di scegliere tra tutti i romanzi di Stephen King: i diritti di riduzione cinematografica vengono venduti molto rapidamente e a prezzi astronomici. Il libro mi piaceva molto, ovviamente, ma non potevo certo comprarlo io anche se Stephen e io siamo amici. Mi ha già fatto molti favori ai vecchi tempi, facendo prezzi speciali a me ed al mio ex socio nella Laurel Entertainment, Rubinstein. Oggi preferisco mantenere una relazione più formale con lui, almeno dal punto di vista professionale: così ho chiamato lo studio e ho chiesto a loro di comprare i diritti. Mi sarebbe piaciuto molto fare io Pet Sematary ed ero anzi già pronto a partire... ma stavo finendo Monkey Shines ed alla fine il progetto saltò. I diritti, quando mi separai da Rubinstein, rimasero alla società insieme con quelli di The Stand, che sta venendo realizzato ora per la televisione...

In particolare, cosa ha attirato la sua attenzione nel libro?

E' un tema con cui ho già lavorato: qualcosa dentro di noi che non riconosciamo come nostro ma che finisce per venire fuori. Per la precisione, ho ritrovato nel personaggio del protagonista una sorta di schizofrenia che fa parte anche del mio carattere... Non sono certo di conoscere il tipo che fa La notte dei morti viventi, o che va sul set a far volare per aria intestini... a volte non sono convinto che sia veramente io. Ma del resto non giudico la cosa troppo negativamente: anche George Stark [la metà cattiva del protagonista di La metà oscura] vuole dalla vita le stesse cose che vogliamo tutti, e non posso biasimarlo.

Rispetto ad altri film tratti da romanzi di King, questo sembra molto più attento alla realtà di ogni giorno, quasi minimalista nel realismo di personaggi ed ambientazioni...

C'è uno sforzo cosciente in questo senso: nello scrivere la sceneggiatura mi sono sforzato moltissimo di mantenere il suo tono di voce, il suo tipo di personaggi ed il modo in cui parlano; ho sempre trovato che tutto ciò mancasse in quasi tutte le altre riduzioni, salvo forse Cujo e La zona morta che non a caso erano di ambientazione abbastanza quotidiana. Anche questo romanzo è più pacato, non ci sono clown con palloncini che cercano di trasformarsi in ragni giganti...

Qui, se mai, c'era qualche difficoltà nel l'idea dei due gemelli: nel libro Thad Beaumont e George Stark sono completamente diversi anche fisicamente mentre io ritenevo necessario far interpretare entrambi allo stesso attore. Stark è il personaggio più interessante, il lato oscuro che vive in ciascuno di noi e ho creduto giusto dargli maggior importanza: esistono altre scene, che per mancanza di tempo e di denaro (la Orion stava fallendo e bisognava chiudere in fretta) non sono riuscito ad inserire... Esistono, comunque, e magari riuscirò ad inserirle nella versione homevideo. Direi che questo è il cambiamento principale rispetto al libro, oltre ad aver trasformato il dottore-stregone in una dottoressa interpretata da Julie Harris.

Le recensioni non sono state troppo benevole...

Anzi: critici di massa come Siskel & Ebert hanno liquidato in fretta il film come un ennesimo slasher. Ci sono state, sì, un paio di recensioni più ponderate, ma nel complesso direi che stiamo ritornando al clima delle persecuzioni degli anni '50 contro i fumetti della E.C. Comics e si insinua che l'horror possa essere la causa dell'ondata di violenza che sta diffondendosi negli Stati Uniti. Ma temo che le cose siano cambiate: allora c'era una rabbia che voleva cambiare qualcosa mentre oggi avverto soprattutto una frustrazione incontenibile, come se il sogno americano ci fosse passato accanto senza succedere veramente. Non credo proprio che le rivolte di Los Angeles nascessero soltanto da tensioni razziali.

So che sta scrivendo un film sul tema della realtà virtuale...

Non è un film di fantascienza alla Tron, è più sulla gente che farà forse uso della realtà virtuale come una droga di cui si diviene dipendenti: gente che torna a casa la sera, dopo il lavoro, e si butta in un altro mondo. Non ho ancora trovato un buon titolo e per ora il progetto si chiama Virtual City.

Sarà il suo prossimo film?

Non so ancora perchè anche un paio di altri progetti in ballo. C'è una storia di fantasmi che si chiama Before I Wake; quindi è già pronta una sceneggiatura di Witley Strieber intitolata Unholy Fire. Ho iniziato un nuovo rapporto di lavoro con la New Line Pictures, una casa indipendente che ha raggiunto il successo con i film di Freddy ma ha anche prodotto I protagonisti di Altman e ne sono molto soddisfatto... Spero di aver trovato una casa per i prossimi quattro o cinque anni, ora che la Orion -con cui ho fatto due film- non esiste più!

Lei ha girato ciascuno dei tre suoi film di zombies in un decennio diverso, gli anni '60, i '70 e gli '80, ed ognuno riflette gli umori politici e sociali del periodo in cui è stato realizzato. Che genere di approccio userebbe in un film di zombi per gli anni '90?

Credo -e non sto facendo dello spirito- che farei degli zombies qualcosa di simile ai barboni senza casa di New York: la gente passa loro accanto e non presta loro alcuna attenzione. Le cose oggi vanno esattamente così: li scansi e poi te ne vai al ristorante e dimentichi l'intero problema; sperando che magari, così, si risolverà da solo...

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Tutti i testi © Alberto Farina - Consulenza editoriale: Chiara Strekelj - Creazione sito: Flavia Farina