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THE CUT BROTHERS (Sentieri Selvaggi, 1998)

Tra le mille associazioni umanitarie che di continuo richiedono la nostra attenzione, ne esisterà mai qualcuna in difesa delle vittime delle preview? Mai usate in modo sistematico nel nostro paese, in cui tagli e modifiche sono di norma il primo effetto di un sonoro insuccesso (o, come nel caso di Benigni, il preludio all'ultimo tentativo di assaltare la roccaforte americana), le anteprime più o meno segrete sono da sempre una delle fasi fondamentali della produzione di un film hollywoodiano: prima del final cut una copia lavoro viene mostrata a un pubblico più o meno selezionato, dalle cui reazioni può dipendere la sorte di una scena, di un personaggio e perfino di un finale.

Accanto a tanti precedenti forse più illustri (sono ben noti, ad esempio, i ripensamenti di Kubrick su 2001 e Shining, addirittura dopo la prima uscita nelle sale) discutere dei tagli fatti dallo stesso John Landis a Blues Brothers 2000 farà inorridire la maggioranza rumorosa di chi il film non ha voluto o saputo capirlo, ma dovrebbe stuzzicare l'interesse di chi ne ha colto e apprezzato lo spirito amarissimo. Senza inoltrarsi per mancanza di spazio nel merito di scelte che -è bene ricordarlo- Landis ha effettuato in totale libertà creativa assieme al montatore Dale Beldin, vale la pena premettere che i tagli si devono in egual misura a due diversi fattori: la convinzione del regista stesso che shorter is better (soprattutto, ma non solo, nella commedia), e l'impazienza del famigerato pubblico delle preview. A sentire Beldin, il gradimento del film nelle anteprime è stato altissimo, ma gli spettatori hanno trovato noiosa la prima mezz'ora del film e alcuni numeri musicali, con un rifiuto particolare per "Please don't Go" di James Brown - reinserito alla fine dei titoli di coda assieme ad altre sequenze cadute nel cesto della moviola.

Rispetto al primo montato -quello effettuato "in diretta" giorno per giorno durante le riprese del film- la versione finale tralascia innanzitutto due o tre thread narrativi di importanza secondaria. Al di là della preoccupazione per la scomparsa del piccolo Buster, l'atteggiamento minaccioso della Pinguina al concerto finale era dovuto anche a una figuraccia col sacerdote da lei incaricato di occuparsi della riabilitazione di Elwood, a cui questi dava clamorosamente buca. Ordinando al Blues Brother superstite di non mancare a un incontro con Padre Gerry Byrne, madre Mary si raccomandava in questi termini: Mi è costato moltissimo organizzare questo incontro. Non sei solo un ex carcerato, ma un pupillo di Sant'Elena del Benedetto Sudario. Mi sto giocando il nome, qui, e la tua condotta si rifletterà su quella di noi tutti.

Il taglio di questa scena -e di diverse situazioni successive con una Kathleen Freeman sempre più arrabbiata- si deve all'eccessiva lunghezza del dialogo con la Pinguina, ora quasi dimezzato rispetto alla durata originale e che non è stato scorciato ulteriormente solo perché pone tutte le basi per lo svolgimento successivo della storia. All'ultimo momento è saltata anche una serie di riferimenti a una parola d'ordine decisa da Cab e il tenente Elizondo: dopo la sua miracolosa conversione, Cab telefonava ai suoi dalla Bluesmobile per avvertirli di interrompere l'inseguimento ma dimentica di dire Chicken Drop, una frase che -come spiegava Elizondo- : E' il nostro codice quando interrompiamo un'azione. Sono costretta a supporre che sia stato obbligato a mandarci quel messaggio e che sia ancora in pericolo. La scelta della parola d'ordine, comunque, non convinceva lo stesso Landis, che l'aveva improvvisata sul set quando quella prevista dalla sceneggiatura -Do Wah Diddy- era stata bocciata dall'ufficio legale della Universal che temeva di dover pagare i diritti della canzone da cui era stata tratta.

Più interessante una battuta saltata per motivi di ritmo. La scena è il locale di Willie, da cui Elwood sta telefonando alla ricerca di Matt Murphy e Lou Marini. Non si sa chi sia l'interlocutore ma Buster osserva con curiosità Elwood che dice: Rasa al suolo con i bulldozer? Come è possibile? Il Soul Food Restaurant... Maxwell Street... a Chicago erano delle istituzioni... Allo sguardo incuriosito del bambino, Elwood spiega: Matt e Blue Lou sono spariti. Maxwell Street è stata buttata giù. Anche se il Soul Food Restaurant di Aretha Franklin era un'invenzione del film originale, la Maxwell Street che lo ospitava -quella del mercatino, quella in cui John Lee Hooker suonava "Boom Boom"- era davvero il centro storico della Chicago nera: e oggi non esiste più, cancellata da una politica di pulizia e rinnovamento che nella windy city fornisce un alibi conveniente all'ennesima speculazione edilizia.

Il saluto stoico a un passato perduto forse per sempre, sottolineato anche dal passaggio della Bluesmobile davanti al vecchio negozio di Ray Charles (sul quale chi ha l'occhio allenato fa in tempo a cogliere la malinconica insegna "Ray's has moved") , era anche il succo della più lunga e importante delle sequenze tagliate, immolata ai gusti opinabili di un pubblico che non ama essere sorpreso. La scena inizia al termine dei titoli di testa quando Elwood -abbandonato davanti alla prigione- viene caricato da Matara: Bella macchina. Chi la fa? La Boeing? commenta il nostro, palesemente a disagio di fronte a un cruscotto ipertecnologico. La risata di Matara apre una serie di dissolvenze sull'auto che viaggia in direzione di Chicago mentre il sole tramonta.

Elwood viene svegliato gentilmente dalla ragazza a notte ormai inoltrata e salta su con uno scatto gridando: Sette quattro sette quattro cinque zero cinque B. Pronto e in piedi, signore!, per poi scusarsi con un sorriso imbarazzato. Diciotto anni di prigione non sono qualcosa che ci si scrolla di dosso in una notte. In un breve dialogo, Matara gli confessa ora di essere stata mandata da Willie -il batterista della banda- che gli offre un lavoro al suo club... un locale sexy la cui specialità è palesata da un esplicito biglietto da visita. E' forse per questo che Elwood, dopo qualche minuto, chiede a Matara di farlo scendere nel bel mezzo di un ponte: Ti sono molto grato per il passaggio. Salutami Willie. Perplessa, la ragazza lo saluta -Stammi bene, Elwood- per poi allontanarsi. E l'ultimo Blues Brother resta solo, con il ponte e il vento che soffia nei suoi vestiti.

Il parapetto è lì a un passo. Senza esitare, Elwood vi sale in piedi con valigia e tutto e esita un attimo guardando verso il basso. Si toglie il cappello e rivolge il volto verso il cielo. E prega: Ehm, Signore? Scusa. Sono qui. Eccomi, sono un uomo di mezza età che ha passato i suoi anni migliori in un penitenziario. Il mio socio è morto. Il mondo, non so più come funziona.

Non ho mai avuto cattive intenzioni, ma lo psicologo della prigione dice che sono recidivo -è nella mia natura. Cioè, quindi... insomma, mi sembra... come sto messo non ho alcun motivo di stare qua. So che non mi lasceresti prendere una decisione se fosse cattiva. Così, pensavo, forse potresti mandarmi un segno. Qualcosa per mostrarmi la via.

Silenzio. Elwood si guarda intorno. Nulla. Rassegnato, si rimette il cappello. Tra i denti, mormora: Scusa il disturbo. Guarda verso il fiume nero sotto di lui, quando all'improvviso sente un rombo alle sue spalle e si volta. E' una bisarca carica di auto usate fra cui spicca un'auto della polizia cinofila. Che sembra emettere luce blu. Distratto dalla visione, Elwood perde l'equilibrio e precipita nel fiume. Ma l'acqua è bassa, quel tanto che basta ad attutire la caduta: poco dopo lo ritroviamo, bagnato fradicio, davanti al cancello del deposito in cui la Blu-mo è stata portata.

Dopo questa inquadratura -l'unica dell'intera sequenza ad essere sopravvissuta nel montaggio finale- Elwood ha una breve discussione con l'autista della bisarca che prima di andarsene lo informa degli orari di apertura del deposito. Rimasto nuovamente solo, si intrufola nel deposito e si adatta a dormire in una vecchia scatola di cartone con un sacchetto di plastica come cuscino. Passa un'altra notte. All'alba, il proprietario Malvern Gasperon (B.B. King) apre il cancello e si ferma perplesso, udendo il suono di un'armonica: la musica viene dagli scatoloni e si interrompe all'improvviso quando Gasperon si avvicina. Ed Elwood è subito in piedi, pronto alla breve trattativa che lo porterà ad acquistare la nuova Bluesmobile per 500 dollari.

Da queste scene emerge con chiarezza un Elwood chapliniano che nel montaggio definitivo si può solo intuire molto fugacemente, nei titoli di testa e nella scena in cui -di fronte all'ammutinamento della banda- si avvia col bambino lungo una strada polverosa. Ma del resto dovrebbe essere chiaro anche dalla versione finale che l'animo del film è più prossimo all'elegia che al revival, e che il tempo passato e mai più recuperabile è il vero protagonista di un'operazione che ha singolari punti di contatto con il bellissimo Robin e Marian di Richard Lester. A chi ha saputo amare il film così com'è -pregi e difetti- non resta che la speranza della reintegrazione in laserdisc: le sequenze mancanti sono tutt'ora fisicamente esistenti e per il film, che nei mercati esteri ha recuperato in parte la deludente performance americana, c'è da prevedere una lunga carriera video. Incrociamo le dita: le vie del cinema -come quelle del Signore- sono misteriose.

John Landis

 

Tutti i testi © Alberto Farina - Consulenza editoriale: Chiara Strekelj - Creazione sito: mia sorella